Nel Sinodo sulla famiglia intorno a Papa Francesco si è creato un «ambiente di comunione, di partecipazione, di speranza». Parola di monsignor Marcelo Arturo Gonzalez Amador, 59 anni, dal 1999 vescovo di Santa Clara a Cuba.
Avvenire lo ha intervistato a margine di un incontro con alcuni padri sinodali promosso dall’Azione cattolica italiana nella sede nazionale di via della Conciliazione.
Eccellenza, qual è stato il clima respirato nelle Congregazioni generali e nei Circoli minori?È stato un lavoro svolto in un ambiente fraterno caratterizzato dalla ricerca della verità con molta libertà di espressione. Per me è stato molto bello da una parte scoprire questo desiderio di cercare e incontrare la verità per illuminare la famiglia nel suo cammino, nel suo incontro con Dio; e dall’altro che questa ricerca si svolga in un clima di libertà e fraternità in cui puoi esprimere ciò che vuoi senza offendere l’altro, e l’altro ti ascolta con rispetto. È stata veramente una scuola di fraternità.
Non ci sono stati echi della lettera dei tredici cardinali rilanciata dai media...Di questa lettera, se è esistita, ne abbiamo sentito parlare tardivamente e se ne è parlato tra i padri sinodali. La notizia è passata come una brezza, come un vento leggero, e non ha segnato i lavori del Sinodo.
Nell’ultima settimana sono stati trattati argomenti molto sentiti dall’opinione pubblica, come la questione dei divorziati risposati. Si arriverà ad una proposta condivisa su questo tema?Questo è stato uno tra i temi trattati dal Sinodo. Non è stato né l’unico, né quello a cui è stato dedicato più tempo. Quando si è stati nell’aula sinodale e si è ascoltato i padri parlare della vita della famiglia, dell’educazione nella famiglia, della comunicazione nella famiglia, dell’evangelizzazione della famiglia, ti accorgi che sono tante le preoccupazioni dei pastori della Chiesa per i problemi della famiglia. Tra questi ovviamente c’è anche quello della comunione ai divorziati risposati. Si cerca un cammino, una luce, facendo sempre riferimento al Vangelo, alla persona di Gesù e alla tradizione della Chiesa che ha anche il suo peso.
Quali sono stati i temi sviluppati che più hanno interessato la Chiesa cubana e quella della regione dei Caraibi?La nostra Chiesa è molto impegnata nella pastorale familiare. È una delle nostre priorità. In concreto lavoriamo in primo luogo per l’unità della famiglia, per la famiglia come scuola di umanità. E poi per la famiglia come chiesa domestica che ascolta, trasmette e serve la Parola di Dio. Un altro tema su cui stiamo lavorando è quello di creare vincoli forti tra la scuola, la Chiesa e la famiglia in modo che diventino una comunità educatrice. Le nuove generazioni nella loro formazione devono essere accompagnate da queste tre realtà.
Ma a Cuba c’è qualche problema per mettere insieme queste tre realtà, visto che la Chiesa non ha accesso all’unico sistema educativo gestito dallo stato...Questo non ci impedisce però ad avere contatti con i genitori che sono i primi educatori e anche con i maestri e gli insegnanti. E poi nelle aule parrocchiali si sono creati degli spazi per il doposcuola e altre iniziative analoghe. Questo ci ha permesso di integrarci nel campo dell’educazione. Qualcosa si può fare quindi.
Si notano già i frutti della visita a Cuba di papa Francesco?Le visite dei Papi a Cuba hanno sempre portato grazie. A breve e a lungo termine. La visita di papa Francesco ci ha rinnovato tutti nella gioia, nella visione pastorale più ampia e nella speranza. L’allegria e la visione più ampia sono molto umane, mentre la speranza deve essere cristiana per essere vera. E poi le parole del papa, tanto sincere, tanto umane, tanto evangeliche, sono arrivate alla gente. Ora dobbiamo fare in modo che questo magistero porti frutto e stiamo già lavorando per questo. È stato molto bello riceverlo come Missionario della misericordia. Ci sono ferite nell’uomo cubano, ci sono ferite nella famiglia cubana, ci sono ferite nel popolo cubano. E pertanto dobbiamo lavorare nel campo della riconciliazione e non c’è riconciliazione senza perdono e non c’è perdono senza misericordia.