Scelta di libertà e rispetto per la vita: questo ha ispirato la delibera della giunta regionale della Campania, approvata qualche giorno fa, in cui sono illustrate le linee guida per dare sepoltura ai feti abortiti. Proprio come prevede una legge del 1990 che dà la possibilità, a chi lo volesse, di seppellire il frutto di una gravidanza purtroppo non riuscita o a cui si è volontariamente rinunciato. Un’umana attenzione, una pietas che ha radici profonde nel comune sentire dei campani, in cui è sempre forte il legame con i morti, soprattutto se in tenera età, e che fa onore a chi l’ha proposta in termini istituzionali. Eccessive e fuori luogo le polemiche avanzate dopo l’approvazione della delibera voluta dalla giunta regionale di centrodestra, guidata da Stefano Caldoro. Per il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, il provvedimento è «oscurantista e strumentale, compiuto speculando politicamente sulla sofferenza delle donne». I radicali vedono nella delibera un attacco alla legge 194, mentre le responsabili del Partito democratico campano definiscono la possibilità che i cimiteri ospitino le lapidi in ricordo dei piccolo aboertiti prima di vedere la luce, «un monumento inquisitorio contro le donne». Raffaele Calabrò, delegato del presidente Caldoro per la sanità campana, risponde sorpreso: «Noi abbiamo varato le linee guida di una legge che non è mai stata attuata. Dietro non c’è nessun attacco alla legge 194 – precisa –. Solo un’informazione alle madri che esiste la possibilità di poter seppellire i prodotti del concepimento».Oltre i contrasti politici e ideologici ci sono però aspetti che la delibera dovrà. Innanzitutto nella regione non ci sono aree cimiteriali per la sepoltura dei feti abortiti ed anzi mancano anche per chi muore di vecchiaia. Un anno fa a Caserta era stato previsto uno spazio dedicato, sulla falsa riga di quelli giapponesi, ma non ha avuto seguito a causa del dissesto finanziario del Comune. A stare dietro alle statistiche ufficiali in Campania, e soprattutto a Napoli, gli aborti procurati nelle strutture sanitarie pubbliche sfiorano lo zero grazie anche alla diffusa obiezione di coscienza dei medici. Una condizione quindi che rallegrerebbe e lascerebbe spazio alla speranza di una presa di responsabilità in favore della vita nascente se non fosse per il fatto che a Napoli e in Campania gli aborti clandestini continuano a persistere, ed in numero consistente, specie tra le donne immigrate e le minorenni italiane. Mentre gli studi privati e le cliniche, di cui la Campania ha il primato per numero di strutture, sfuggono ai dati. La delibera approvata potrebbe essere foriera di altre iniziative che vadano nella direzione di un sostegno fattivo alla maternità. Restano infatti ancora molto limitati il sostegno alle famiglie e l’accompagnamento alle donne incinte e alle mamme in difficoltà o a rischio. Così, se la Campania è la regione più giovane d’Italia, è anche quella con il maggior numero di bambini poveri e dove l’aspettativa di vita alla nascita è la più bassa.