martedì 18 febbraio 2014
Tempi dilatati per il premier, che lascia la poltrona di sindaco. Probabile alle Camere per la fiducia solo lunedì.
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Il Matteo di lotta lascia spazio al Matteo di governo. Ed è il giorno del nuovo Renzi, quello che si apre con il sindaco di Firenze alla guida di una Giulietta bianca, con a fianco il suo addetto stampa Filippo Sensi, che varca il portone del Quirinale, e vede il premier incaricato commosso nel commiato a Palazzo Vecchio e poi ancora, rientrare in famiglia per salutare moglie e figli, prima di trasferirsi a Roma per la Grande Sfida. Per la prima volta dal suo ingresso dirompente nella scena politica italiana, il Rottamatore appare più riflessivo. Tra solennità del momento, difficoltà oggettive dell’impegno assunto e ondata di sentimenti contrastanti, Matteo Renzi offre un’immagine inedita di sé agli occhi di flash e telecamere, pronti a carpire ogni mossa del leader che ha scalzato senza troppe cerimonie il suo compagno di partito Letta per prendere il suo posto a Palazzo Chigi. Il presidente del Consiglio in pectore mantiene ferma però la determinazione di sempre quando detta la sua agenda davanti allo studio alla Vetrata: pronti a far partire l’iter di una riforma al mese, per quattro mesi, per una legislatura destinata a durare fino alla scadenza naturale del 2018. E allora il sindaco dimissionario si concede qualche giorno per sciogliere la riserva, senza quella fretta pronosticata la scorsa settimana. Ma una volta messa a punto la squadra, spiega, si partirà a tambur battente: «Entro il mese di febbraio compiremo un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorale da portare all’attenzione del Parlamento». E poi, «subito dopo, immediatamente, nel mese di marzo la riforma del lavoro, in aprile la riforma della pubblica amministrazione e in maggio quella del fisco».Il novello politico romano, dunque, deve frenare l’intemperanza solita per la serie di adempimenti che lo attendono, che Giorgio Napolitano gli fa presente nell’ora e venti di faccia a faccia, oltre alla difficoltà di formare la squadra di un governo di larghe intese, che dia una sterzata rispetto a quello del suo predecessore. Ma promette una serie di riforme senza precedenti per il Paese. «L’impegno – spiega – è l’orizzonte naturale della legislatura», il 2018. Serve insomma solo «qualche giorno di tempo» per definire programma e squadra. Poi, assicura, metterà «tutto l’impegno e l’energia di cui saremo capaci in questa sfida difficile».Così il sindaco esce dal Quirinale e va ad incontrare la presidente della Camera e quello del Senato. Laura Boldrini non è tenera. Renzi insiste sulla necessità di rivedere le spese della politica. Molto è stato già fatto, lo ammonisce la terza carica dello Stato, che piuttosto fa presente la mole di decreti legge su cui finora ha lavorato il Parlamento. «Abbiamo intenzione di lavorare in modo molto serio sui contenuti, definiremo nei prossimi giorni con gli alleati una piattaforma molto seria», insiste il successore di Letta, che saluta la sua Firenze, lasciando una sorta di diario con i "compiti" per chi verrà. Per ora, sarà Dario Nardella il suo vice. Poi saranno nuove primarie a vedere chi raccoglierà l’eredità del sindaco.Lentamente Palazzo Vecchio diventa un ricordo: l’impegno romano è enorme. «È fondamentale che le forze politiche di maggioranza per quanto riguarda il programma di governo e tutte le forze dell’arco costituzionale per quanto riguarda le riforme siano ben consapevoli dei prossimi passaggi», avverte.Ma al termine della lunghissima giornata, il segretario del Pd appare sollevato ai suoi. Lo conferma il tweet inviato dal treno: «Con tutta l’energia e il coraggio che abbiamo. La volta buona». Tutto è pronto per "prendere possesso" della Capitale, dove la moglie non lo seguirà. Agnese Renzi preferisce restare a Firenze con i figli per «attutire il colpo», dice.Il leader democratico, invece, ha ancora il treno da pendolare che lo attende. Oggi, dunque, l’avvio delle consultazioni, molto più lente di quelle del suo predecessore (Letta chiuse il giro in una giornata), ma certamente non lunghissime come quelle di Pier Luigi Bersani, che chiamò alla Camera anche la cosiddetta società civile e il mondo del lavoro, per mettere a punto la squadra tra giovedì e venerdì. Sabato probabile il giuramento dei nuovi ministri al Colle. La presentazione alle Camere, allora, non avverrà prima della prossima settimana. Si parte dal Senato (per prassi, visto che Letta aveva cominciato a Montecitorio), per passare alla Camera tra lunedì e martedì. Poi il via.

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