mercoledì 25 luglio 2012
Il presidente della Regione Lombardia è indagato dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta della fondazione Maugeri dallo scorso 14 giugno. La sua iscrizione è stata dissecretata con la notifica di un'informazione di garanzia.
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Troppi regali uguale corruzione. Poi se per pagarli si usano pure conti in banche svizzere, scatta anche l’aggravante della transnazionalità. La Procura presenta il suo conto a Roberto Formigoni e lo «invita a comparire». Le opposizioni in Regione, lo invitano a scomparire. L’interrogatorio è fissato nella notifica per sabato, ma Formigoni chiede di concordare, attraverso il suo avvocato Salvatore Stivala, un’altra data. La procura contesta al Presidente della Regione una quindicina di delibere in dieci anni a favore della Fondazione Maugeri, per «prestazioni non tariffate», nella ricerca e nella riabilitazione. Tutto risolto in tre righe di comunicato, distribuito dopo un’altra mattinata di “slittamenti”, dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Eppure il presidente della Regione Lombardia è iscritto nel registro degli indagati dal 14 giugno. E il rapporto della polizia giudiziaria, che ha fatto “riscontri e somme”, è stata inviato il 27 giugno al procuratore aggiunto Francesco Greco che coordina nell’inchiesta i pm Luigi Orsi, Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore. Con Formigoni sono indagati «in concorso», Pierangelo Daccò e Antonio Simone, Umberto Maugeri e Costantino Passerino. I reati, «commessi in Milano e all’estero», coprono 10 anni, dal 2001 al novembre del 2011. I conti svizzeri, «naturalmente anonimi, non sono riferibili Formigoni ma al solo Daccò», l’amico che apriva alla Maugeri le porte della Regione. A indirizzare gli inquirenti ha contribuito Costantino Passerino, direttore amministrativo della Fondazione, che il 17 luglio ha lasciato San Vittore per gli arresti domiciliari. A indicare coordinate bancarie e societarie ha provveduto Giacarlo Grenci, il mediatore svizzero che da Lugano inventava «scatole cinesi» per Daccò. In carcere, dal novembre 2011, ci dovrebbe rimanere a lungo con la sentenza per il crack del San Raffaele, con una richiesta di 5 anni e 6 mesi in “abbreviato”, già formulata dall’accusa.Daccò, in una decina di interrogatori,non a mai ammesso la corruzione, ma non ha mai negato che i “benefit” dell’amico li pagava tutti lui. La spesa complessiva, «per Formigoni e il suo entourage» sarebbe di 8,5 milioni: calcoli della Guardia di Finanza riepilogati nel rapporto delle «Utilità a favore del presidente della Regione Lombardia». Cifre orientative, e non perché è inelegante rivelare il prezzo dei regali. La più alta, infatti, è stata ricavata da un mancato guadagno: 4 milioni per Villa Li Grazi (Arzachena, Costa Smeralda, Sardegna) pagata 3 milioni e valutata 7. La villa è stata intestata Alberto Perego (commercialista finito nell’inchiesta Oil for food), ma un milione in contanti è stato versato da Formigoni. A cederla a prezzo di favore è stato sempre Daccò, attraverso la Limes una delle sue tante società. Perego, che abita a Milano nello stesso stabile di Formigoni, ne ha condiviso la passione per il mare e le “imbarcazioni di lusso”, costate a Daccò, «tra acquisto e mantenimento, 3,7 milioni». Altri 800 mila euro, con i due sempre insieme, sono stati spesi dal 2006 al 2011 in «biglietti aerei e vacanze in diverse località caraibiche». Fa parte delle contestazioni che «meritano ulteriori approfondimenti» il finanziamento illecito ai partiti. Può comprendere i 70 mila euro spesi «nell’interesse di Formigoni» al meeting di Rimini, «i pranzi del presidente e altri politici nell’organizzazione di eventi e incontri». Infine 600mila euro come contributo alla campagna elettorale 2010. Daccò ammette di averli incassati dalla Fondazione, non di averli riversati al presunto beneficiario. Né tuttavia si è mai trovato il biglietto di ringraziamento che Maugeri avrebbe avuto da Formigoni.
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