Ursula von der Leyen - Reuters
Cancellerie in fibrillazione a Bruxelles dopo il voto e l’ascesa delle destre. Il primo appuntamento in agenda è la cena dei 27 leader lunedì prossimo a Bruxelles. Cena che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) portare già a una decisione sul nome delle alte cariche, a cominciare da quella del presidente della Commissione. Ieri il Ppe ha ribadito il suo pieno sostegno a Ursula von der Leyen in una riunione dei presidenti uscenti dei gruppi all’Europarlamento, ed è in pressing per una rapida conferma visto l’ottimo risultato conseguito al voto (il dato semidefinitivo dei popolari è di 186 seggi).
Al momento è sulle capitali però che sono puntati gli occhi, visto che la prima mossa sta ai capi di Stato e di governo. È atteso che il G7 che inizia domani a Borgo Egnazia sarà una prima occasione di scambi tra Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, sempre in vista della cena di lunedì. Certo è che, secondo varie indiscrezioni, Von der Leyen spererebbe di avere una sorta di pre-investitura dai tre leader.
A Bruxelles comunque sono in molti a ritenere che la tedesca abbia ottime chance, con il pieno sostegno di Scholz e ora anche di Macron. Il quale, di fronte al dramma politico in casa, non vuole ulteriori incertezze a livello europeo. Rimane il dubbio su Meloni, che per ora non ha sciolto la sua riserva. Particolare bizzarro: le polemiche sull’invito o meno a Von der Leyen a partecipare alla cena di lunedì. Secondo vari diplomatici il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel – acerrimo “avversario” della presidente –, vuole escluderla, con la scusa che si parla di lei. «Noi ci aspettiamo che sia invitata», ha dichiarato ieri, invece, una portavoce della Commissione.
Se Von der Leyen va in porto, è attesa la conferma di Roberta Metsola (anche lei Ppe) alla presidenza del Parlamento Europeo. Ed è ormai data come quasi fatta, in quota socialista, la nomina a presidente del Consiglio Europeo (tramontate le chance di Mario Draghi) dell’ex premier portoghese Antonio Costa, che ha il sostegno del governo di centro-destra a Lisbona. Più in forse ma in consolidamento, quella dell’attuale premier estone Kaja Kallas, liberale, ad Alto rappresentante Ue. Su di lei c’è il dubbio di qualche cancelleria come troppo «concentrata» sulla Russia. Qualcuno fa qui anche il nome dell’ex premier lussemburghese Xavier Bettel (anche lui liberale) per riempire una casella in omaggio al “genere” (è apertamente gay).
Intanto Von der Leyen continua a tessere la sua difficile tela per ottenere una maggioranza probabilmente il 18 luglio a Strasburgo. Sempre più chiaro è che avrà bisogno di andare oltre l’attuale «maggioranza Ursula» con socialisti e liberali-macroniani di Renew. L’occhio pare sempre più rivolto ai Verdi, visti i veti chiari dei due alleati contro qualsiasi alleanza con la destra. Che è sempre più in movimento. Ieri il premier ungherese Viktor Orbán è tornato a invocare (come anche Le Pen) la fusione dei Conservatori (di cui fa parte Fdi) e Id (di cui fanno parte il Rassemblement di Marine Le Pen e la Lega), aggiungendo i 10 seggi del suo Fidesz e magari i 17 dei tedeschi dell’Afd appena espulsi da Id. Così il gruppone delle destre arriverebbe a 158 seggi, scavalcando i 135 dei socialisti. Fusione allo stato improbabile, ma basterebbe un’alleanza per creare seri problemi di governabilità a Strasburgo.