sabato 12 maggio 2012
Per riformare il settore il governo ha varato un decreto con effetto immediato e un disegno di legge delega che rimodula la materia a partire dal 2014. Tra i parametri il numero degli occupati.
Prima pagina del Manifesto contro la chiusura​
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​Dal primo gennaio del 2013 sarà obbligatoria la tracciabilità delle vendite e delle "rese" dei quotidiani e periodici. Lo prevede tra l’altro il decreto per il riordino della editoria approvato ieri dal Consiglio dei ministri, che punta ad aumentare, nei requisiti di accesso al contributo, il rapporto tra distribuzione e vendita. Contestualmente il governo ha varato anche un disegno di legge delega che deve rimodulare il sostegno a partire dal 2014. Un complesso di norme, dunque, che mira a ridurre le erogazioni specie per la stampa di partito. In ogni modo il contributo per ciascuna azienda non potrà superare quello del 2010. I provvedimenti, secondo il segretario Fnsi Franco Siddi, «vanno considerati l’avvio di un processo» che si augura «abbia un celere quanto puntuale passaggio parlamentare di arricchimento, anche cogliendo i contributi delle parti sociali». La bussola, secondo il leader del sindacato dei giornalisti, «non può che restare quella del pluralismo e dell’attenzione all’occupazione, non già di solo risparmio di risorse». Già nel periodo di transizione i requisiti di accesso al contributo erogato vengono rimodulati dal decreto, aumentando il rapporto tra distribuzione e vendita. Per le testate nazionali (quelle cioè distribuite in almeno 5 regioni, con una percentuale di distribuzione in ciascuna non inferiore al 5% della distribuzione complessiva) il rapporto è aumentato dal 15 al 30%. Per quelle locali dal 25 al 35%. Questo meccanismo sollecita le imprese a rendere più efficiente la rete distributiva.I costi ammessi sono solo quelli fondamentali di produzione e quelli relativi ai livelli effettivi di vendita. Il contributo «variabile» viene calcolato esclusivamente sulle copie vendute. Si escludono dal computo le copie diffuse in blocco o tramite «strillonaggio». Inoltre, non sono più ammessi al calcolo del contributo le spese per materiali di consumo e promozionali e, in particolare, consulenze e "service".Il contributo è composto da due quote: una, pari al 50%, calcolata esclusivamente sulla base dei costi sostenuti per il personale dipendente, per l’acquisto della carta, per la stampa e per la distribuzione (tale quota non può essere superiore ai 2 milioni per i quotidiani nazionali, a un milione e 300mila euro per i quotidiani locali e a 300mila euro per i periodici). Un’altra quota viene da 20 centesimi per ogni copia venduta per i quotidiani nazionali, 15 per i quotidiani locali, 35 per i periodici. Tale tranche non può superare i 3 milioni e mezzo per i quotidiani e i 200 mila euro per i periodici. Per copie vendute, si intendono quelle pagate anche in abbonamento. Per accedere al contributo, l’impresa deve risultare in regola con gli adempimenti tributari verso lo Stato. I criteri per il calcolo dei contributi sono applicati anche ai giornali organi di partito e assimilati.Ci sarà anche un parametro occupazionale, oltre a quello delle copie vendute, attestate dal codice a barre (ci sarà anche un credito d’imposta per i punti di vendita che grantiscono la trasparenza). Le imprese dei quotidiano, per accedere ai contributi, dovranno avere almeno 5 assunti con contratto a tempo indeterminato con prevalenza di giornalisti, i periodici almeno 3. Le cooperative devono essere composte, esclusivamente, da giornalisti, poligrafici, grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti e devono avere la maggioranza dei soci dipendente della cooperativa con contratto a tempo indeterminato.Chi ha già ricevuto i contributi può passare al digitale, anche in via non esclusiva. Le testate solo on line  usufruiranno di un sostegno biennale purché effettivamente periodiche. Delle agenzie di stampa si occuperà la delega.
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