«È venuto per l’ultimo Consiglio dei ministri?». Maurizio Lupi si rivolge al fotografo che si affaccia a Palazzo Chigi dove sta per cominciare la riunione dell’esecutivo. Il ministro guarda Enrico Letta e ride. Il premier sorride leggero. Poi sottovoce chiarisce quello che non serve chiarire: «Andremo avanti a lungo». C’è un insolito ottimismo nella roccaforte del governo. Perché - per dirla con il premier - «questo è un governo che fa e che quando si confronta sulle misure per il Paese trova sempre una soluzione». E perché il nodo incandidabilità fa meno paura. È vero, non c’è una soluzione e forse non ci sarà mai. Ma almeno c’è un canale aperto tra Pd e Pdl. E c’è una crescente voglia di svelenire il clima. Letta preferisce restare fermo sulle questione programmatiche. Ha spiegato più volte che quello che succederà nella Giunta per le elezioni a partire dal 9 settembre non è cosa del governo. Ma in più di una riflessione privata il premier ha fissato dei punti importanti: «La linea di Epifani è la mia linea. Sia io che il segretario non ci aspettiamo processi ideologici, ma valutazioni sulle carte. Non è l’ora dell’accanimento, semmai è l’ora dell’approfondimento».Non va oltre l’inquilino di Palazzo Chigi, ma quelle parole rimbalzano fino ad Arcore. Berlusconi, chiuso da tre settimane nel fortino di villa san Martino, ascolta, riflette e soprattutto legge. Due interviste non gli sfuggono. Quella di Luciano Violante dove l’ex presidente della Camera si sofferma su suoi diritti e invita il Pd a non negare un approfondimento. E quella di Guglielmo Epifani. C’è una frase che colpisce il Cavaliere. Una frase che Berlusconi legge, rilegge, ripete a voce bassa e a tratti sillabando le parole. «...L’incostituzionalità della legge Severino è un tema che ha un profilo che va soppesato». Non è una svolta, ma è qualcosa che aiuta. Berlusconi capisce che il lavoro dei ministri non va ostacolato. E decide di battere un colpo forte. «In questa situazione di difficoltà per il nostro Paese e di confronto tra le forze politiche, il dibattito all’interno del Popolo della Libertà viene sempre più spesso forzato e strumentalizzato dagli organi di stampa... Perciò, invito tutti a non fornire con dichiarazioni e interviste altre occasioni a questa manipolazione continua che alimenta le polemiche e nuoce a quella coesione interna». Tutti leggono quelle parole come uno stop ai falchi, all’ala dura del partito, a chi spinge per staccare la spina al governo. Non è questa la linea del Cavaliere. O almeno ancora non lo è oggi. «Farò di tutto per evitare una crisi di governo», spiega Berlusconi in mille telefonate private. Certo «tutto è nelle mani del Pd. Nel bene e nel male. Sono loro ad avere la maggioranza, loro a doversi prendere la responsabilità di decidere. Ma io ho ben chiaro che vuol dire crisi».Qualcosa si muove. Alfano sente Epifani. I ministri lavorano per puntallare l’esecutivo. Il premier torna a parlare di Berlusconi e a credere nella sua responsabilità. «Anche lui sa l’importanza della stabilità. Ripeto: sono fiducioso, non vedo una crisi». All’improvviso il confronto si sposta sul primo scoglio: l’Imu. Letta è netto: «La soluzione è a portata di mano». Nei ragionamenti che seguono il premier spiega che la riforma che il governo si prepara a chiudere è quella che vuole il Pdl. «Potranno anche intestarsela, a me interessa il Paese e non voglio lasciare alibi a nessuno. Non posso nemmeno pensare che possa aprirsi una crisi su questo», ripete agli amici del Pd. Certo i soldi sono quelli che sono, ma Letta vede l’intesa a un passo: «La tassa sulla prima casa verrà tolta all’ottanta per cento delle famiglie italiane. Non credo che Berlusconi e Brunetta possano dire qualcosa se resta ai proprietari dei super-attici di lusso».È un giorno meglio dei precedenti, ma le incognite sono ancora lì. Il Cavaliere quando è già notte ammette le sue paure. Sa che trascinare il Paese al voto potrebbe significare anche la fine del Pdl. sa che il fantasma di un Letta bis avanza minaccioso. sa che Napolitano potrebbe dimettersi e scongiurare il voto. Sa che potrebbe materializzarsi lo «spettro» di Romano Prodi al Colle. Eppure l’ipotesi crisi c’è ancora. «Se votano l’incandidabilità io posso anche essere responsabile come sono stato finora, ma il Pdl tiene?». Un interrogativo buttato lì e un’ultima riflessione prima di spegnere le luci: «Possono anche fare un nuovo governo Letta ma io so fare opposizione. Divento io Grillo. Ma con un’opposizione seria, rigorosa, intransigente».