Profughi siriani al confine con la Turchia, foto Ansa del febbraio 2016
Nuovi fondi europei sono in arrivo per finanziare il controllo e l’accoglienza di rifugiati in Turchia, dove si trova la più numerosa comunità di profughi del mondo, con 3,8 milioni di persone per la maggior parte di nazionalità siriana. Definendo «positivi» i risultati raggiunti dagli stanziamenti già erogati negli ultimi due anni per «l’essenziale ed efficace ruolo di sostegno ai profughi più vulnerabili» e per la «riduzione della pressione migratoria» che tanto interessa al vecchio continente, ieri la Commissione europea ha compiuto il primo passo verso l’erogazione di altri 3 miliardi di euro da destinare ad Ankara.
È la seconda tranche prevista dal controverso accordo siglato dall’Unione con la Turchia nel marzo del 2016, in piena crisi migratoria lungo la Rotta Balcanica. Il primo stanziamento erogato era di pari entità: un miliardo proveniente dal bilancio Ue, gli altri due da contributi degli Stati membri (all’Italia sono stati richiesti 224,9 milioni di euro).
Contestualmente all’annuncio del nuovo stanziamento, è stato diffuso il Rap- porto sui capitoli di spesa di quello precedente: i fondi europei hanno contribuito all’avvio di 72 diversi progetti, con molteplici partner, ad esempio per il sostegno all’istruzione, con un programma di integrazione dei bambini siriani nel sistema scolastico turco grazie a una sovvenzione diretta di 300 milioni di euro al Ministero dell’Istruzione nazionale.
È attivo anche un programma di trasferimento di denaro a beneficio di 266mila famiglie di nuovi studenti, che possono contare anche su corsi di lingua turca o araba. Trecento milioni sono stati destinati al Ministero della Salute per assicurare ai rifugiati l’accesso alle cure mediche. Un programma di sicurezza sociale d’emergenza provvede al sostegno di persone particolarmente vulnerabili, attraverso una carta di debito che viene ricaricata mensilmente con denaro contante.
Parte dei fondi sono serviti, poi, a consolidare il (tanto contestato) blocco del flusso migratorio, finanziando le operazioni di controllo del Mar Egeo, con l’assegnazione alla Guardia Costiera turca di 6 nuove navi e con l’addestramento di oltre 900 uomini. Nelle stesse ore in cui la Commissione europea ha illustrato i «tangibili risultati» ottenuti e mentre annunciava i nuovi finanziamenti, la Corte dei Conti europea è intervenuta con toni di tutt’altro tenore, su un altro tipo di assistenza finanziaria Ue di cui beneficia la Turchia, quella destinata alla pre-adesione per il periodo 2007-2020. Negativo è il giudizio sull’efficacia degli stanziamenti nei settori dello stato di diritto, della governance e delle risorse umane perché avrebbero avuto «solo un effetto limitato» sullo sviluppo democratico del Paese.
Secondo la Corte dei Conti Ue mancherebbe «la volontà politica» del governo turco. Eppure sul fronte della gestione dei rifugiati per l’Unione Europea tutto sembra andare per il verso giusto. I nuovi fondi arriveranno al destinatario, malgrado Ankara sia stata anche accusata di avere respinto al confine 250.000 siriani che cercavano salvezza nei primi 10 mesi del 2017, come riferito in un rapporto diffuso a febbraio da Norwegian Refugee Council e altre cinque grandi organizzazioni internazionali per i diritti umani. Per l’Ue resta il fatto che la riduzione della pressione migratoria è stata un successo.