Vita

Incontro internazionale. Utero in affitto, l'ora di dire basta

Lucia Bellaspiga giovedì 23 marzo 2017

Il ministro Beatrice Lorenzin interviene al convegno a Montecitorio sull'utero in affitto (Ansa)

«L’utero in affitto è un commercio, una pratica antica con mezzi nuovi. Il giorno in cui vedrò una donna ricca, bianca, occidentale fare da portatrice in utero per una donna povera, indiana, sterile, allora mi ricrederò e ammetterò che può essere solidaristico». Applauso bipartisan e internazionale per le parole della ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, intervenuta ieri a Montecitorio all’attesissimo incontro sulla gestazione per altri (Gpa) o maternità surrogata organizzato da «Se non ora quando-Libere», titolo «Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata, una sfida mondiale».


Fermo l’appello di Beatrice Lorenzin perché «l’utero in affitto sia riconosciuto come reato universale e bandito nel mondo. Mai avrei immaginato che il principio di mater sempre certa potesse un giorno essere messo in discussione in nome di sofisticati ragionamenti che vogliono annullare la natura. Non trovo nulla di più crudele che privare una madre di suo figlio e convincere tante ragazze del mondo occidentale che questo possa essere un "dono". È una rapina organizzata scientemente, su un listino razzista dove scegliere il prodotto migliore». Con l’umiliazione che «dopo essere servita come incubatrice, la madre dovrà sparire... Nei casi migliori qualche collegamento via Skype nelle feste comandate, giusto per ripulirsi la coscienza».


Vengono in mente celebri casi noti alle cronache mondane, con aberrazioni presentate da alcuni giornali come storie positive. «Penso a certi miei colleghi del Senato – ha commentato Emma Fattorini – che hanno acquistato un figlio con la Gpa e considerano progressista il fatto di andare tutti i giorni a prendere pure il latte da quella donna»: un ritorno indecente «al positivismo ottocentesco, con lo spezzettamento della maternità e la separazione tra mente e corpo, la cui dimensione unitaria era stata una delle conquiste dell’era moderna. E le retrograde saremmo noi?».


La differenza tra chi davvero è progressista e chi invece torna ad antiche forme di schiavitù è netta nelle parole di Stephanie Thogersen, dalla Svezia, Paese che ancora non ha stabilito se e come normare la Gpa: «Fortunati voi in Italia che siete più avanti e l’avete già bandita». Il Parlamento svedese guarda a noi, conscio del fatto che «il corpo umano non è un profitto e nessuna regolamentazione può introdurre il suo commercio». Stoccolma studia ciò che accade dove la Gpa è legale: «C’è il caso di una coppia spagnola che ha ordinato a una madre surrogata americana un bimbo e una bimba. Invece sono nati due gemelli maschi e la coppia acquirente li ha rifiutati. Un’altra donna, più volte sottoposta a trattamenti per Gpa, ha sviluppato gravi danni cerebrali. Non accade in Cambogia, accade negli Usa».


Dura la testimonianza di Sheela Saravanan dall’India: «Le nostre madri surrogate sono stressate a livello fisico e psichico anche se ricevono soldi; alla base ci sono povertà, analfabetismo, sottomissione. Le coppie vengono fin dal Canada, dove la Gpa è permessa ma costa molto di più», prova del fatto che, come in ogni mercato, si va al ribasso, dove le madri non pretendono diritti e costano poco. «Vivono in stanzoni durante la gestazione e vengono nutrite molto per far crescere il bambino», perché il prezzo del neonato sale con il peso. Un tanto al chilo. Il cesareo è obbligatorio. E i disabili, chiamati «prodotto difettato», sono abortiti o abbandonati in strada. Paradossale l’ipocrisia in Germania: «La Gpa è vietata dentro il Paese ma se vanno a farla all’estero va bene», conclude Saravanan.


«La maternità, che è unità indissolubile tra donna e nascituro, viene scomposta in tante parti scisse da mettere sul mercato», ha ribadito Francesca Izzo, presidente di «Se non ora quando-Libere». E lo psicanalista Fabio Castriota ha spiegato come il rapporto madre-bambino sia già scambio attivo in gravidanza: «Ogni volta che c’è un parto nasce anche una madre», e allontanare il neonato da lei «determina un trauma da separazione che lascia in entrambi una traccia indelebile».


«La Gpa va messa al bando» anche per la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, perché «organizzare la produzione e la commercializzazione di un neonato è contrario al valore universale della dignità dell’essere umano. È commercio di bambini non difettosi: agli altri ci pensano i contratti redatti da abili avvocati». E ha concluso: «Mi auguro che tutti i piccoli nati in questi anni da uteri in affitto siano felici, ma nessuno può sapere cosa questa frammentazione del legame tra madre e figlio produrrà in futuro. In un tempo che così fortemente si interroga sul diritto all’identità mi chiedo come una pratica commerciale possa negare al bambino proprio la sua identità».


«Triste l’ironia dei siti di Gpa che garantiscono "ovociti freschi" in nome di una selezione sul nascituro, il perfect baby selezionato perché nasca somigliante alla coppia, etero o gay – ha denunciato l’onorevole Milena Santerini –, preoccupa questa ricerca del neo-nato, un nuovo-nato senza una storia alle spalle, con conseguente fuga dalle adozioni».


La Gpa è internazionale e la sua abolizione deve essere mondiale, ha scritto dalla Francia l’onorevole Laurence Dumont, protagonista un anno fa a Parigi della prima mobilitazione internazionale. Presente invece l’altra protagonista, la filosofa Sylviane Agacinski, che ha chiesto al diritto di continuare a proteggere le persone umane contro una società di mercato, «altrimenti, ad esempio, perché avere un diritto del lavoro?». A Roma la staffetta «ha raccolto il testimone di Parigi», ha annunciato l’europarlamentare Fabrizia Giuliani, e lo ha fatto con un atto fondamentale che può cambiare il mondo: «La richiesta alle Nazioni Unite di vietare l’utero in affitto come pratica lesiva dei diritti umani».