Sulle unioni civili parte la corsa ai sub-emendamenti. Si tenta di instradare sin dall’articolo 1 il testo su un binario che sia distinto dal matrimonio, dopo la falsa partenza di martedì. Che ha visto il
presidente della commissione Giustizia del Senato Nitto Palma bocciare la nuova formulazione della premessa proposta dal Pd, che faceva esplicito riferimento all’articolo 2 della Costituzione, relativo alle formazioni sociali. La 'finalità della legge' ora, dopo la 'sforbiciata' di Palma, si presenta in versione striminzita e c’è tempo fino a martedì per presentare sub-emendamenti nello stesso spirito del testo non accolto da Palma. Ieri
i senatori Emma Fattorini, Stefano Lepri, Giuseppe Cucca e Giorgio Pagliari, appartenenti a quell’area che da mesi lavora a una revisione del testo, hanno presentato tre emendamenti contenenti diverse formulazioni, tutte stringate, della nuova premessa. In tutte e tre si fa riferimento all’«istituto giuridico originario», ad indicare fin dall’articolo 1 che non si vuol andare a un matrimonio o a un simil-matrimonio. In uno dei tre testi viene introdotta la parola «partner» a specificare anche sul piano terminologico che si tratta di istituti diversi. Permane nel Ncd - ma soprattutto in quella parte di Forza Italia duramente contraria al ddl Cirinnà - il timore che non potrà bastare un intervento sulla premessa, se tutti gli articoli seguenti restano infarciti di rimandi espliciti alla legislazione del matrimonio. Ma intanto un’intesa sulla premessa darebbe vita a un accordo di tipo politico nel voler evitare equiparazioni e confusioni con la famiglia su cui poter lavorare. Il Ncd ha preso in parola il Pd nel suo proposito di introdurre il riferimento alle formazioni sociali (articolo 2) per tener al riparo la famiglia (articolo 29). Ed entro martedì è in arrivo una raffica di proposte sub-emendative di Ncd tutte ruotanti, in varie formulazioni, sul riferimento alle formazioni sociali. A quel punto, sostiene a mezza voce più di un senatore della maggioranza, se anche queste proposte finissero sotto la scure del presidente forzista della commissione l’impressione che si voglia sabotare una possibile intesa nella maggioranza (già avanzata quando fu bocciato da Palma l’emendamento Cirinnà) troverebbe nuovi argomenti. Ma la ventata nuova nel Pd c’è. L’apertura al dialogo segnata dal governo attraverso il ministro Boschi, decidendo di non esprimere parere sugli emendamenti, non è piaciuta a tutti. La scelta di lasciare libertà di coscienza sul ddl Cirinnà, «valutando il voto della legge una questione etica», non convince le senatrici Giuditta Pini, Valentina Paris e Chiara Gribaudo. Avrebbero preferito, sostengono, il «pugno duro usato su altre questioni, come il Jobs act» anche sulle unioni civili. «Non si tratta di un tema etico, ma di un tema squisitamente politico e sociale».