Vita

Londra. «Una legge per Charlie e Alfie»

Silvia Guzzetti sabato 9 giugno 2018

La mascotte simbolo della Charlie Gard Foundation

Quelle lacrime, tra tanta tristezza, e il viaggio tormentato e inutile attraverso i vari gradi di appello giudiziari, da quelli di prima istanza fino all’Alta Corte britannica e alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. La tragedia dei genitori di Alfie Evans, Tom e Kate, e, prima di loro, di quelli di Charlie Gard, Chris e Connie, ha colpito milioni di cittadini britannici che non vogliono vedere altri mamme e papà soffrire inutilmente come loro.
Avrebbero compiuto due anni di vita. Alfie il 9 maggio scorso e Charlie il prossimo 4 agosto, ma i due piccoli – il primo affetto da una malattia neurodegenerativa senza diagnosi e senza nome e il secondo dalla sindrome da deplezione del Dna mitocondriale – non ce l’hanno fatta. Morti non perché ogni terapia medica era stata tentata ma perché i giudici li hanno trasformati in ostaggi degli ospedali dove già da tempo si era deciso che non dovessero vivere.
Oggi una proposta di modifica della legge, sotto il nome di «Charlie’s law», vuole garantire i diritti dei genitori contro quello che è diventato lo strapotere dei medici e assicurare loro un secondo parere specialistico. L’opinione pubblica del Regno Unito si è ormai ribellata all’idea che venga impedito a qualunque struttura estera affidabile e disposta a curarli di accogliere questi bambini malati se a chiederlo sono i genitori. Chris e Connie, papà e mamma di Charlie Gard, hanno lavorato per mesi insieme a a specialisti di patologie neonatali, politici e esperti di etica, per mettere a punto la nuova proposta che verrà presentata in Parlamento. Anche l’europarlamentare Steven Wolfe è impegnato in un cambiamento della normativa sui minori con un’iniziativa ribattezzata «Alfie’s law», che tuteli meglio gli interessi dei genitori, anche se questa seconda proposta per il momento non ha nessun contenuto concreto né può arrivare a Westminster dal momento che Wolfe siede a Strasburgo e non a Londra.
A promuovere la Charlie’s law è, fra gli altri, anche il cattolico Lord David Alton, celebre politico inglese, una lunga carriera ai Comuni prima di diventare "pari del Regno": «È crudele costringere due genitori a strazianti battaglie giudiziarie per ottenere il diritto di garantire al figlio tutte le cure necessarie – dice ad Avvenire il battagliero Lord Alton –. Il Regno Unito in questo momento ha un equilibrio sbagliato tra ruolo dello Stato e diritti dei genitori».


«Tutti sono d’accordo in Gran Bretagna, sul fatto che i diritti dei genitori di Alfie e Charlie non siano stati tutelati – spiega l’esperto di etica dell’Università di Oxford, Dominic Wilkinson –. In altri ambiti legislativi, come l’affidamento di minori maltrattati, si escludono i genitori soltanto se sono un rischio per l’incolumità fisica e psicologica dei figli». Il professore, che è anche specialista di rianimazione dei neonati, ha scritto, insieme al collega Julian Savulescu (una sorpresa questa, viste sue precedenti posizioni discutibilissime) un articolo sul British Medical Journal che è un appello per cambiare la legge britannica sui minori. Secondo Wilkinson, che ha collaborato con i genitori di Charlie, «in caso di conflitto tra genitori e medici è importante introdurre la mediazione di una persona esterna e indipendente, che aiuti a migliorare la comunicazione. È necessario anche garantire alle famiglie accesso a una seconda opinione medica e a tutte le informazioni sugli aspetti legali e tecnici del caso».
Proprio di queste istanze si fa carico la Charlie’s law che verrà presentata a Westminster sotto la formula del «private member’s bill», cioè la proposta di un parlamentare che non fa parte dell’esecutivo. Se mancherà il sostegno del governo, indispensabile perché alla legge venga dedicato il tempo necessario, la proposta ritornerà come emendamento di un bill, ovvero di una normativa del governo. L’esecutivo sembra intenzionato per ora a farla approvare perché ha il sostegno di politici ed esperti autorevoli oltre che di tante persone comuni e di buona parte dei media.


A illustrarne i contenuti è Stephanie Roundsmith, portavoce della neonata «Charlie Gard Foundation», che ha collaborato con Chris Gard e Connie Yates alla stesura del testo: «I genitori di Charlie hanno lavorato duramente a questa nuova legge per evitare che altri papà e mamme si ritrovino nella loro situazione – ci spiega la Roundsmith – collaborando con il governo britannico e con specialisti di etica e di diritto per costruire un consenso attorno alla sua approvazione».
«La nuova legislazione assicurerà innanzitutto a mamme e papà di bambini malati migliore accesso a comitati etici in ospedali specialistici così da evitare che conflitti tra dottori e genitori raggiungano i tribunali – aggiunge la portavoce della Fondazione –. Inoltre renderà più facile avere un secondo parere medico e accedere alla mediazione garantendo la consulenza legale. I tribunali non potranno più far prevalere il parere dei medici su quello dei genitori a meno che sia lesa la salute fisica e psicologica del bambino».