Vita

Disabili. Tutti con Charlie, in attesa del verdetto di Strasburgo

Francesco Ognibene martedì 20 giugno 2017

La cattiva notizia per Charlie è che un eventuale verdetto negativo dei giudici di Strasburgo sarebbe senza appello. Ma la buona notizia è che gli stessi magistrati della Corte europea per i diritti dell’uomo non hanno in mente soluzioni sbrigative e vogliono veder chiaro nella vicenda giudiziaria che vede protagonista suo malgrado il bambino inglese di 10 mesi affetto da una rarissima malattia genetica (il suo è il 16° caso accertato in tutto il mondo) che colpisce il cervello – in inglese suona «Mithocondrial Depletion Syndrome» – e che gli rende impossibile respirare autonomamente, tanto da renderlo dipendente da una macchina che lo aiuta a non soffocare.

La battaglia dei genitori continua

Ricoverato da ottobre nella terapia intensiva del Great Ormond Street Hospital di Londra, Charlie a parere dei medici non avrebbe chance di sopravvivere e avendo fallito sinora le terapie tentate sarebbe inutile insistere. La loro richiesta di spegnere il respiratore automatico è stata avversata fieramente in ogni sede dai genitori, Chris Gard e Connie Yates, che chiedono ai sanitari di lasciarli tentare una cura sperimentale disponibile negli Stati Uniti. Per affrontare l’ingente spesa del viaggio e della terapia pionieristica la coppia, che è sempre accanto al suo piccolo e posta su una pagina Facebook foto di Charlie che non possono non commuovere, ha attivato un’iniziativa di raccolta fondi tramite il sito Internet che informa sulla storia di Charlie e che sinora ha permesso di mettere insieme un milione e 300mila sterline (un milione e mezzo di euro) mentre su Twitter è sempre attivo l'hashtag #charliesfight. Le ragioni del cuore non sono però le stesse della medicina ufficiale e della giustizia: due corti inglesi si sono infatti espresse perché la vita di Charlie venga lasciata spegnere insieme al respiratore. L’ultimo verdetto, il 9 giugno, è stato emesso dalla Corte suprema inglese, organo di ultimo livello in patria. Per evitare l’esecutività immediata di quella che ai sostenitori della causa di Charlie in tutto il mondo è parsa una condanna a morte comminata dallo Stato su un bambino colpevole solo di essere malato a Connie e Chris non è rimasto che appellarsi alla Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo chiedendo un provvedimento d’urgenza che fermasse la procedura di morte. Il 13 giugno i giudici espressione del Consiglio d’Europa hanno ascoltato l’appello disperato dei due e hanno chiesto una settimana di tempo per valutare la questione. Al termine di questo periodo di riflessione, il 19 giugno, hanno però chiesto ulteriore tempo.

«Garantire le cure più appropriate»

Ed ecco la buona notizia, in questa drammatica scelta tra la vita e la morte: «Alla luce delle circostanze eccezionali – si legge nel comunicato uscito nella serata del 19 dall’aula giudiziaria di Strasburgo – la Corte ha già accordato priorità al caso e procederà a valutare il ricorso con la massima urgenza». Nell’attesa del verdetto, i giudici europei dispongono che a Charlie vengamo somministrate le cure «più appropriate». La sentenza sulla vita di Charlie potrebbe farsi attendere, vista la complessità del caso.
«Mentre si invoca il diritto dei genitori e dei legali rappresentanti a decidere quando lasciar morire un minore o un disabile, naturalmente "nel suo interesse" – è il commento di Gian Luigi Gigli, presidente nazionale del Movimento per la vita – suona strano che due genitori debbano battagliare nei tribunali perchè il loro bambino continui a vivere». È la conferma della grande attenzione anche in Italia al caso di Charlie, per la verità sinora assai più sui social media che su quelli tradizionali, forse imbarazzati dal tanto invocato "diritto di morire" applicato però a un bambino i cui genitori chiedono che lo si lasci vivere. La fiaccolata di Roma nei giorni scorsi sotto l’ambasciata inglese ha fatto emergere un movimento di gente a sostegno del piccolo Charlie che passa da siti, blog e piattaforme online e si espande con il passaparola di innumerevoli persone. È la voce della speranza che alimenta la vita del piccolo inglese, un’alimentazione che nessuna sentenza potrà staccare.