Tumore al seno. 10mila morti in meno, sopravvivenza all’88%. «E altre cure in arrivo»
Fabio Puglisi (al centro) con la sua équipe
Diagnosi sempre più precoci, grazie all’adesione agli screening, trattamenti personalizzati e multidisciplinari, farmaci innovativi che negli ultimi quattro-cinque anni hanno rivoluzionato l’approccio ad alcune forme più aggressive di tumore al seno. Con il risultato di evitare 10.223 morti legate a questa neoplasia tra il 2007 e il 2019 (-6% in 12 anni) e di avere tassi di sopravvivenza e guarigione in costante aumento, visto che la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è ormai oltre l’88%.
È decisamente un bicchiere mezzo pieno quello a cui si assiste nel trattamento del carcinoma mammario, una delle forme più diffuse di tumore femminile che fa registrare in Italia circa 56mila nuove diagnosi all’anno e 2 milioni di nuovi casi nel mondo ogni anno. Numeri importanti a cui si affiancano però risultati altrettanto importanti, che vanno diffusi con trasparenza e onestà intellettuale.
«In campo oncologico, la comunicazione efficace è cruciale da ogni angolazione – sottolinea Fabio Puglisi, professore ordinario di Oncologia medica all'Università di Udine, direttore del dipartimento di Oncologia medica presso l'Irccs Cro di Aviano –. È essenziale evitare i facili trionfalismi sia verso i malati e i loro caregiver sia verso i media e, di conseguenza, l'opinione pubblica. Tuttavia, è altrettanto importante condividere in modo trasparente i risultati positivi raggiunti». Esiste poi da anni «il problema delle fake news ricorrenti sulle principali forme di cancro – aggiunge Mauro Boldrini, direttore della comunicazione dell'Associazione italiana d'Oncologia medica (Oim) –. Queste riguardano la prevenzione, l'alimentazione, la patogenesi e anche certe presunte cure miracolose. È compito degli specialisti oncologi e degli esperti di comunicazione, controllare e veicolare il flusso di notizie verso l'intera popolazione su un tema estremamente delicato come il cancro». E le notizie che vanno diffuse sono quelle che riguardano il «ventaglio importante» di nuove terapie disposizione per il carcinoma mammario.
«Molti dei farmaci che oggi consideriamo standard cinque anni fa non c’erano – ricorda Michelino De Laurentiis, direttore Oncologia clinica sperimentale di Senologia, Irccs “Fondazione Giovanni Pascale” di Napoli – e ce ne sono alcuni che stanno rivoluzionando la qualità di vita anche delle pazienti metastatiche, che avevano magari 2-3 anni come aspettativa di vita. Oggi invece di cronicizzare la malattia abbiamo l’ambizione di guarire, una parola ormai sdoganata. L’obiettivo resta sempre la riduzione della mortalità, ancora più marcata nei prossimi anni». Questo grazie, ad esempio, alla riduzione anche del 40% delle recidive con immunoterapia prima degli interventi e i farmarci inibitori nella fase post chirugica. Tuttavia «abbiamo bisogno di capire gli effetti sul periodo lungo e quanto si traduca in un miglioramento della sopravvivenza – continua De Laurentiis –, stiamo andando in questa direzione. Poi ci sono gli anticorpi farmaconiugati, che sono in sperimentazione in fase precoce e che già da tempo si aggiungono alla chemioterapia nella fase avanzata, ma è molto probabile che ci aiuteranno anche nelle fasi iniziali della malattia. Insomma, ci sono tanti farmaci all’orizzonte».
Ciò a cui si continua ad assistere, infatti, è «una frammentazione intelligente delle cure – aggiunge Fabio Puglisi –: si parla di terapia target, ma non va bene per tutti. In sostanza abbiamo tante Cenerentole e tante scarpette. Nella malattia HER 2 positivo, ad esempio, c’è stata rivoluzione nell’approccio, con aspettativa di vita in caso di metastasi celebrali che da breve ora è di anni. Stessa cosa per i tumori triplo negativo». La logica insomma è guadagnare tempo, perché domani c’è l’innovazione. «Ci sono terapie-traghetto che stabilizzano – prosegue –, terapie individuali con uno studio attento della persona e delle caratteristiche tumorali per mirare sul tallone d’Achille, terapie integrate che hanno maggiore impatto. Questo non è il futuro: è il presente».
Inoltre, spiega Lucia Del Mastro, direttore della clinica di Oncologia medica dell'Irccs ospedale policlinico San Martino, Università di Genova, «il Dna del tumore, presente nel sangue, può essere ricercato attraverso la biopsia liquida e analizzato per la caratterizzazione molecolare. In tal modo, la selezione delle terapie a disposizione può essere fatta in modo più preciso, offrendo maggiori probabilità di efficacia. Permettendo sempre più spesso alle donne non solo di guarire ma anche di realizzare il sogno di diventare madri».