Vita

Fine vita: appello al parlamento. Sì, torniamo alla legge

Vinicio Albanesi, Dino Boffo, Paolo Bustaffa, Francesco D’Agostino, Giuseppe Dalla Torre, Stefano De Martis, Assuntina Morresi, Lorenzo Ornaghi, Antonio Sciortino, Antonio Socci, Marco Tarquinio, Francesco Zanotti sabato 12 marzo 2011
Il disegno di legge sulle dichiarazioni an­ticipate di trattamento in discussione al­la Camera dei deputati è una proposta ra­gionevole, condivisibile, realmente liberale e oggi non più rinviabile, a fronte degli av­venimenti degli ultimi anni su fine vita e li­bertà di cura. È necessario, infatti, che il Parlamento pon­ga per legge limiti e vincoli precisi a quella giurisprudenza 'creativa' che sta introdu­cendo surrettiziamente nel nostro Paese ar­bitrarie derive eutanasiche. Rilevanti e gra­vi decisioni giudiziarie hanno infatti reso possibile interrompere la somministrazio­ne di cibo e acqua, anche per vie artificiali, a persone non più in grado di esprimere il proprio consenso, e hanno ridotto il con­senso informato alla ricostruzione ex post delle volontà di una persona, dedotte persi­no dai suoi "stili di vita", ignorando la ne­cessità di una volontà attuale basata su un’informazione medica adeguata.Il testo di legge in discussione – pur essendo, come qualsiasi provvedimento legislativo, miglio­rabile – è chiaro e lineare a proposito delle questioni appena richiamate e, dunque, nei suoi contenuti fondanti. E noi riteniamo che se non fosse approvato in tempi rapidi, te­nendo saldi questi suoi princìpi cardine, di­venterebbe sempre più difficile drenare una giurisprudenza orientata a riconoscere il "di­ritto" a una morte medicalmente assistita, in altre parole all’eutanasia trasformata in at­to medico. La nostra è la civile e laica preoccupazione di persone informate e responsabili, ben consapevoli della rilevanza della questione posta dai pronunciamenti giudiziari che hanno rovesciato nel suo contrario il princi­pio del "favor vitae" al quale il nostro ordi­namento s’ispira. Da credenti siamo anche confortati dal fat­to che in questa materia il magistero della Chiesa si è inequivocabilmente pronuncia­to, come si può evincere dalle "Risposte a quesiti della Conferenza episcopale statuni­tense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali" predisposte dalla Congregazione per la dottrina della fede, allora presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, come anche nel discorso di Giovanni Paolo II al congres­so su "I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e di­lemmi etici", del marzo 2004; come più in generale nell’enciclica Evangelium Vitae .Re­centemente il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale ita­liana, rifacendosi al costante magistero pon­tificio, ha a sua volta dichiarato: «La legge che sta per essere discussa alla Camera non è una legge "cattolica". Semplicemente rap­presenta un modo concreto per governare la realtà e non lasciarla in balia di sentenze che possono a propria discrezione emettere un verdetto di vita o di morte. I malati termina­li rischierebbero di essere preda di decisio­ni altrui. Precisare poi che l’alimentazione e l’idratazione non sono terapie, ma funzioni vitali per tutti, sani e malati, corrisponde al buon senso dell’accudimento umano e pongono un limite invalicabile, superato il quale tutto diventa possibile».Ci sono solidi argomenti di ragione – co­muni a laici e cattolici – per sostenere l’ur­genza, l’efficacia e l’utilità del testo di leg­ge all’esame della Camera dei deputati. E per noi, in quanto credenti, sussiste anche l’autorevole pronunciamento della Chie­sa che, in forza del suo sapienziale discer­nimento e con l’autorevolezza morale al­la quale da più parti si guarda con rinno­vata speranza, indica la via attualmente più concreta alla tutela del bene co­mune. Questa legge va fatta, e va fat­ta adesso.​