Alla famiglia non ci sono “alternative”. Le altre forme di unione civile, pur riconosciute dalla legge, non possono essere equiparate nella natura giuridica come nell’organizzazione sociale.
L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, con un autorevole intervento,
ha precisato la posizione della Chiesa dopo i primi “pronunciamenti”, all’inizio della settimana,
di esponenti della Giunta comunale di Torino guidata dalla grillina Chiara Appendino,
orientati a considerare sul medesimo piano (tutte “famiglie”) ogni tipo di unione fra persone di sessi diversi o dello stesso sesso.
Invece la famiglia «composta di papà, mamma e figli», va riconosciuta nella sua specifica soggettività sociale.
Nosiglia ha scelto le pagine torinesi del quotidiano "La Stampa" per ribadire gli orientamenti espressi da papa Francesco nella "Amoris laetitia" e per chiedere uno “stile” di maggiore dialogo, non ideologico, ma concreto e rispettoso di tutte le opzioni: «Sarebbe molto più opportuno un coinvolgimento, cordiale e corresponsabile, di tutte le componenti civili culturali e religiose della città e degli stessi cittadini, che vanno riconosciuti protagonisti di scelte che li riguardano direttamente».
Più che sulle parole, chiede l’arcivescovo,
ci si confronti su azioni e strategie concrete in favore delle famiglie, che a Torino pagano duramente i prezzi della crisi. Invito che pare essere prontamente raccolto dal sindaco, che dal suo sito fa sapere di voler incontrare al più presto l’arcivescovo (finora si sono sentiti per telefono; Appendino era indisposta e non ha partecipato alla Messa per san Giovanni Battista).
Nosiglia ha voluto riportare la questione famiglia alla concretezza dei fatti ricordando che è orizzonte prioritario per la Chiesa torinese, impegnata a sostenere i nuclei nelle emergenze della crisi come nelle difficoltà delle relazioni personali. Lavoro svolto da anni con i centri d’ascolto, le borse lavoro, i volontari delle parrocchie.
L’arcivescovo ha poi ribadito un altro impegno che la diocesi prosegue, da anni, con discrezione:
la disponibilità all’accoglienza e all’incontro rivolta a persone di diverso orientamento sessuale che vogliano confrontarsi, con onestà e sincerità, con l’insegnamento e l’esperienza della Chiesa.
Nosiglia ha anche osservato che
non tocca alla Chiesa fornire “patenti di legittimità” ai laici che dichiarano di impegnarsi per la famiglia: essi «hanno la piena libertà, e la relativa responsabilità, del proprio discernimento; e hanno il dovere di confrontarsi serenamente con i contesti istituzionali cui fanno riferimento". L’attenzione dell’arcivescovo va collegata alla manifestazione di ieri pomeriggio davanti a Palazzo Civico delle associazioni del "Popolo della famiglia".