Vita

Il documento. Terapie intensive, niente più limiti di età per l'accesso

Assuntina Morresi giovedì 5 novembre 2020

Niente più limiti di età per l’accesso alle Terapie Intensive ( TI). Cambia passo la Siaarti - la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva - dopo che, all’insorgere della pandemia da Covid-19, agli inizi di marzo, aveva ipotizzato che «può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in TI» qualora la numerosità dei malati che ne avesse bisogno fosse di gran lunga superiore alle risorse sanitarie disponibili, a partire dai trattamenti intensivi nelle strutture ospedaliere.

In un recente documento, elaborato insieme alla Fnomceo - Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri dedicato allo stesso problema (e del quale Avvenire ha dato conto), fra i criteri da seguire per l’allocazione delle risorse in situazione di emergenza sanitaria come Covid-19 non compaiono più le soglie di età.

Ma per capire bene i termini di un cambiamento importante dobbiamo ripercorrere le tappe di questa discussione. Nel documento Siaarti del 6 marzo erano 15 le «Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili», un testo che affrontava il dramma di come utilizzare le risorse sanitarie a disposizione, nella consapevolezza che con il dilagare del contagio sarebbero presto diventate insufficienti. La terza raccomandazione era proprio l’ipotesi dell’età come criterio per ammettere o meno i malati Covid-19 ai reparti di TI, respinta immediatamente dall’opinione pubblica italiana tutta, che in generale ha percepito la proposta come discriminatoria e stigmatizzante nei confronti degli anziani, con rare eccezioni. D’altra parte i medesimi estensori del documento avevano avvertito la necessità di spiegare il criterio adottato, puntualizzando che «non si tratta di compiere scelte meramente di valore».

E mentre nei maggiori quotidiani italiani campeggiavano titoli come «Dobbiamo scegliere chi curare e chi no. Come in ogni guerra» (Corriere della Sera, 9 marzo), i medici ospitati nelle varie trasmissioni televisive negavano di essere costretti a fare scelte di quel tipo.


Il lungo percorso di consapevolezza etica e clinica della professione medica
davanti alla crisi sanitaria della pandemia dalle assai discusse «Raccomandazioni» di marzo,
passando per l’intervento del Comitato nazionale per la Bioetica

A livello internazionale, però, il documento Siaarti è stato spesso considerato rappresentativo della comunità medica italiana: le prese di distanza erano solo individuali, rilasciate in interviste e dichiarazioni di singoli. Il primo documento istituzionale italiano che se ne è discostato è stato quello del Comitato nazionale per la Bioetica (Cnb) dell’8 aprile: «Covid-19: la decisione clinica in condizione di carenza di risorse e il criterio del 'triage in emergenza pandemica'» - approvato con un solo voto contrario -, testo nel quale si afferma che «il Cnb valuta il criterio clinico come il più adeguato punto di riferimento per l’allocazione delle risorse medesime: ogni altro criterio di selezione , quale ad esempio l’età anagrafica, il sesso, la condizione e il ruolo sociale, l’appartenenza etnica, la disabilità, la responsabilità rispetto ai comportamenti che hanno indotto la patologia, i costi, è ritenuto dal Comitato eticamente inaccettabile».

Il Cnb ha cioè espresso un no netto a ogni criterio che aprioristicamente escludesse una categoria di persone dall’accesso ai trattamenti intensivi, come avverrebbe se si adottasse una soglia di età come criterio di scelta, extra-clinico, in questo caso. Nel documento del Cnb si suggeriscono invece le parole chiave «appropriatezza clinica » e «attualità»: di ogni persona va valutata la situazione clinica, in base alla quale stabilire chi ha maggiore possibilità di sopravvivenza, mentre l’età non è criterio di scelta ma uno degli elementi di valutazione.

Si invita poi a considerare i pazienti «attuali», cioè quelli esaminati personalmente dai medici, sia se presenti in ospedale che eventualmente rimandati a casa perché al momento meno gravi. La visione del Cnb, radicalmente differente da quella iniziale della Siaarti, riecheggia con chiarezza nel recente documento Fnomceo-Siaarti, elaborato da una commissione paritetica delle due sigle mediche, istituita su mandato della Fnomceo che era rappresentata dal suo presidente Filippo Anelli.

L’iniziativa per un nuovo documento sul tema è quindi da ascriversi alla Fnomceo, e va anche ricordato che Anelli partecipa ai lavori del Cnb tramite un suo delegato, che ne aveva condiviso il parere sul triage in emergenza pandemica. Interessante il duplice scopo del mandato per il documento Fnomceo- Siaarti: «Avviare una riflessione in senso deontologico sulle posizioni espresse dalla Siaarti e valutare quegli aspetti che possano portare a una modifica/ integrazione del Codice deontologico sul tema delle scelte tragiche in occasione di episodi straordinari ed eccezionali » come Covid-19.

Potrebbero quindi esserci aggiornamenti nel Codice deontologico, per precisare che in situazioni emergenziali e di squilibrio fra necessità e risorse disponibili si applicano criteri clinici - «rigorosi, espliciti, concorrenti e integrati, valutati sempre caso per caso, quali: la gravità del quadro clinico, le comorbilità, lo stato funzionale pregresso...» - e non extraclinici come l’età («età biologica », nel testo, senza chiarimenti nel suo significato), che è un elemento di valutazione ma «non può mai assumere carattere prevalente». La tematica in discussione non è nuova, e ovviamente Covid-19 l’ha fatta divampare: il confronto internazionale ha visto una pluralità di posizioni, grossomodo riconducibili alle due del primo documento Siaarti e del Cnb.

In alcuni Stati americani, come New York, Alabama, Minnesota, Utah, Colorado, Tennessee e Oregon, si invitava a valutare il livello di abilità fisica o intellettuale prima di effettuare interventi salvavita, tanto che è dovuto intervenire l’Ufficio per i Diritti civili competente per escludere discriminazioni. Sempre negli Usa l’Università di Pittsburgh ha inserito nei criteri del triage l’aspettativa di vita a breve termine: quella a lungo termine, secondo alcuni studiosi, risente delle diseguaglianze sociali, perché le persone povere e marginalizzate hanno un livello base di salute più basso di chi vive agiatamente, e quindi i criteri di triage che premiano le aspettative di vita a lunga scadenza li vedrebbero svantaggiati.

In Svezia il Karolinska Institutet ha individuato per l’ammissione alle TI fasce di età insieme a criteri pre-stabiliti, ad esempio la compromissione significativa di uno o due organi, andando quindi a stabilire ancora una volta categorie di persone escluse a priori dai trattamenti intensivi. Il Comitato di Bioetica spagnolo ha invece elaborato un documento in linea con quello italiano, così come anche quello redatto dalle società scientifiche tedesche di anestesisti e rianimatori, omologhe della Siaarti. Sono prese di posizioni importanti: i criteri seguiti per le scelte dell’emergenza pandemica costituiranno inevitabilmente un precedente per le politiche del futuro.