Suicidio assistito. Legge regionale? Contro la Costituzione. Perché il no in Lombardia
In tema di regole per il suicidio assistito, è sempre in movimento il fronte delle Regioni che, in ordine sparso, stanno discutendo se e come intervenire sul tema delle scelte di fine vita. Ultima notizia in ordine di tempo quella in arrivo da Milano. Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una pregiudiziale di costituzionalità per ribadire che il suicidio medicalmente assistito non è un tema di competenza regionale, bocciando dunque la proposta di legge dell’Associazione Luca Coscioni per renderlo legale sul territorio lombardo. Il documento che è stato illustrato in aula dal consigliere di Fratelli d’Italia Matteo Forte chiedeva la non trattazione del pdl “Liberi subito” sul fine vita in quanto «sussistono possibili questioni di legittimità costituzionale», rimandando quindi il tema al Parlamento perché non è di competenza regionale.
La votazione è stata eseguita con scrutinio segreto, come da richiesta delle opposizioni. La pregiudiziale è stata approvata con 43 voti a favore, 34 contrari e nessun astenuto; due consiglieri non hanno partecipato al voto, ossia Roberto Anelli (Lega) e Anna Dotti (FdI), e considerando l’assenza per congedo di Vittorio Feltri (FdI), quattro consiglieri di maggioranza hanno votato contro la pregiudiziale di costituzionalità. Uno di questi è stato Giulio Gallera, consigliere di Forza Italia ed ex assessore al Welfare.
«Mi sembra che il voto sia andato in una certa direzione: qualcuno ha votato a favore e qualcuno ha votato contro, quindi la libertà di coscienza c’è stata – ha commentato il governatore Attilio Fontana – ma, ad ogni modo, sul fine vita sicuramente c’è la necessita di un intervento nazionale, e su questo non ci sono dubbi». Fontana, che era presente alla votazione, ha sottolineato che «non si è entrati» nel merito ma si è discussa solo la pregiudiziale: «L’aula ha deciso che questa è la strada che deve essere seguita. L’aula è sovrana, credo che non ci sia nessun commento da fare».
Opposizioni di centrosinistra all’attacco. «La destra ha fatto un grande errore. Ha deciso di non far sì che vi possa essere una legge al fianco delle persone. Penso sia stata una grande dimostrazione di viltà da parte della destra che non è neanche riuscita a bocciare la legge nel merito, ma addirittura ha impedito che venisse discussa dal consiglio», ha commentato il capogruppo lombardo del Pd Pierfrancesco Majorino. E per il capogruppo del M5s, Nicola Di Marco, «mentre il centrodestra affossava il pdl sul fine vita, sottoscritto da 8mila lombardi, nascondendosi dietro alla scelta di non decidere, fuori di qui i nostri operatori sanitari lavorano per rispettare quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale», allusione al fatto che le istituzioni sanitarie territoriali sarebbero tenute a eseguire le sentenze con le quali la Corte costituzionale ha aperto una finestra di non punibilità in casi eccezionali delimitati da stringenti condizioni per chi coopera alla volontà suicidaria di una persona.
Una tesi tuttavia assai discussa e smentita dalla stessa Corte che, non riconoscendo un “diritto di morire”, non ha neppure creato un dovere di assecondare la richiesta di morte volontaria. La materia, come si vede, ha a che fare con i diritti fondamentali di ogni cittadino – e la vita è certamente tra questi –, di ovvia competenza del Parlamento: impensabile che le regole sulla vita e la morte possano cambiare da una Regione all’altra. Appare dunque fondata la pregiudiziale di costituzionalità fatta propria dalla Regione Lombardia come motivo del rigetto di una proposta di legge regionale sul suicidio assistito. In questa direzione sul tema si era pronunciata l’Avvocatura dello Stato, interpellata da alcune Regioni che chiedevano lumi.