Fine vita. Suicidio assistito, la legge torna a camminare al Senato
La presidenza di palazzo Madama durante una seduta del Senato
Riprenderà al Senato a fine estate, il 17 settembre, l’iter della proposta di legge che dovrebbe disciplinare il fine vita sul tema specifico dei limiti di non punibilità dell’aiuto al suicidio. La notizia è stata data nel pomeriggio del 25 giugno, al termine della Conferenza dei capigruppo, dal presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia: «Sul fine vita ci siamo. Do atto al presidente Ignazio La Russa di aver chiesto ai presidenti dei gruppi di maggioranza di essere conseguenti con il nostro regolamento che è sì debole rispetto alle prerogative delle opposizioni, ma le norme le contiene, e lui ha chiesto che vengano rispettate».
Il riferimento di Boccia è evidentemente a quanto era accaduto a marzo, quando il governo non si era presentato alle commissioni riunite Giustizia e Salute, impedendo così l’avvio dell’iter. Iter che poi era effettivamente partito pochi giorni dopo, il 4 aprile, quando erano stati incardinati i cinque disegni di legge presentati in materia (quattro delle opposizioni e uno di Forza Italia). Il primo passo era stata la fissazione di una serie di audizioni, ma era stato subito chiaro quanto il percorso parlamentare si presentasse complicato, in primo luogo per la difficoltà di ricavare un testo unificato dai ddl delle opposizioni (modellati per lo più sul testo del dem Alfredo Bazoli, approvato nella scorsa legislatura alla Camera ma non al Senato) e da quello targato Fi, sensibilmente diverso nelle premesse e nelle conclusioni.
Il punto fermo, comunque, è la sentenza 242 della Corte costituzionale del 2019 sul caso Cappato-Antoniani (Dj Fabo): in quell’occasione la Consulta ha sancito la parziale illegittimità dell’articolo 580 del Codice penale (aiuto al suicidio) laddove non esclude la punibilità di chi, in presenza di specifiche e determinate condizioni, agevoli l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi.
Ma, appunto, i giudici costituzionali hanno piantato quattro paletti robusti che circoscrivono la non punibilità al caso in cui la persona sia «affetta da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili» e che sia «tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli». La Corte, inoltre, ha più volte sollecitato il legislatore ad approvare una normativa sulla materia,
Nel frattempo Marco Cappato e altri attivisti di area radicale stanno accompagnando al suicidio in Svizzera altre persone, anche se non rispondono a tutti i criteri citati, e si stanno autodenunciando al ritorno in Italia, così che i casi al vaglio della Corte costituzionale si vanno moltiplicando e la sentenza su uno di questi è attesa proprio nei giorni prossimi. Il 17 settembre, poi, la palla tornerà al Senato, che avrà un compito delicato: approvare una legge il più possibile condivisa e che non vada oltre i limiti tracciati dalla Corte costituzionale.