Vita

Il progetto. «Stillbirths»: un memoriale online dà un nome ai bimbi nati morti

Angela Napoletano mercoledì 7 febbraio 2024

Il sito di ProPublica con il memoriale Stillbirths

Ogni giorno negli Stati Uniti nascono morti circa 60 bambini. Più di 20mila all’anno. Figli di donne che li hanno portati in grembo per almeno 20 settimane, se non di più, e che ne hanno partorito i corpi esanimi. A loro è dedicato un memoriale digitale ospitato sul sito di ProPublica, seguitissima testata online americana di informazione indipendente che, finanziata per lo più da donazioni private, realizza inchieste su illeciti o mancanze che tradiscono la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. A curarlo due reporter, Adriana Gallardo e Duaa Eldeib, specializzate nello sviluppo di progetti di giornalismo investigativo basati sul coinvolgimento dei lettori.

La galleria di foto e dediche che ricordano i nomi dei bambini, si legge sul sito, «morti prima del loro primo respiro» è parte di un’iniziativa editoriale più ampia chiamata “Stillbirths”, nata da un’inchiesta sulla mortalità perinatale. Un progetto che l’anno scorso si è posizionato al sedicesimo posto della classifica finale del Premio Pulitzer.

Secondo ProPublica i casi di bambini nati morti non sono sempre inspiegabili e inevitabili come dicono i medici. Molti – è la denuncia – potrebbero essere prevenuti se ci fosse più ricerca e consapevolezza. L’idea del memoriale digitale è di scuotere l’attenzione dell’opinione pubblica dando voce al silenzio di madri e padri sprofondati nel dolore del lutto e della perdita. Ferite spesso aggravate dal senso di colpa e dalla rabbia verso un sistema sanitario che «non li ha informati sui rischi della morte perinatale, che non li ha monitorati da vicino o che non li ha ascoltati». Tema delicatissimo su cui il Congresso degli Stati Uniti sta valutando due progetti di legge.

Alexander, Isaac, Aleksei, James, Robert, Valentina, Annaya, Berret...: sono alcuni dei nomi che, a centinaia, scorrono sulla pagina nera del memoriale. «Sei stato il dono più grande», scrivono i genitori del piccolo Jace, nato morto nel 2018 a 35 settimane. Frasi che interpretano la sofferenza della vita non sbocciata e che – ecco l’altro scopo dell’iniziativa – possono intercettare per lo meno l’affetto e la preghiera di chi ha vissuto lo stesso dolore.