Vita

La denuncia. Stati vegetativi: famiglie «dimenticate»

Emanuela Vinai lunedì 10 febbraio 2014
«Il disinteresse della politica per la Giornata degli stati vegetativi è un’occasione persa», ha denunciato l’Associazione Scienza & Vita per voce di Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali. Nel momento in cui questo appuntamento rischia di trasformarsi in un buon proposito sulla carta, le associazioni in prima linea nell’assistenza a questi disabili speciali non nascondono il disappunto. «È una giornata negletta, ma io rilancio e dico che è il momento di passare a qualcosa di più. Sono 17 anni che ogni giorno, tra Casa Iride e i domicili privati, abbiamo intorno a noi decine di persone in stato vegetativo e continuano ad aumentare» racconta Francesco Napolitano, presidente dell’Associazione Risveglio. «Eppure si continua ancora a dire che siamo dei pionieri! Ma non lo siamo più e tutte le istituzioni lo sanno perfettamente, così come sanno benissimo quello che c’è da fare». Le persone che attraversano questa condizione impegnano le famiglie in uno sforzo smisurato intriso di attesa e speranze, di sconforto e delusioni, di affidamento e fiducia, dove il tempo è una costante e una variabile. «Questo è uno “stato”, cioè un passaggio in cui la persona è in apparente non consapevolezza di sé – conferma l’avvocato Napolitano – in cui c’è un’evoluzione, che può essere poca o molta, ma c’è sempre. Può essere un occhio che si apre, una mano che stringe. Ci vuole tempo e attenzione. In questi giorni stiamo cominciando a dare un po’ di yogurt a una persona che dopo 7 anni ha ricominciato a deglutire. E un altro paziente dopo 8 anni ha ripreso a sorridere, accentuando il riso quando gli si fa una battuta: capisce e gioisce con noi». Come si fa a non pensare che forse capiva anche prima, ma non poteva esprimerlo? Anche Rita Formisano, Direttore dell’Unità post-coma della Fondazione Santa Lucia, insiste sulla cronica mancanza di risorse destinate alle strutture: «Non è tanto importante organizzare le giornate se poi l’unico effetto è quello di parlarsi addosso. Piuttosto che accapigliarsi su temi etici è meglio intervenire. È inutile che la nostra struttura abbia tanti riconoscimenti di eccellenza ma poi non ci vengano fornite le risorse per curare, assistere, intervenire». Il capitolo economico è sempre il punto dolens, ribadisce la dottoressa Formisano: «La ricerca è l’unico futuro possibile per questo tipo di pazienti, perché non esiste una terapia farmacologica che faccia guarire. Ma tutto costa e ha tempi che non sono calcolabili e non si può applicare la spending review indiscriminatamente. Piuttosto si deve avere il coraggio di dire che il nostro sistema sanitario non è più in grado di accogliere e accudire queste persone. La conseguenza? Mettere in discussione la necessità di curarli. Siamo stremati. E gli stati vegetativi sono solo la punta dell’iceberg: ogni giorno devo districarmi nel conflitto della selezione tra chi attende di essere inserito nel nostro ospedale e chi dovrebbe essere dimesso, ma non senza garanzie di assistenza adeguata».«Certamente questi temi non sono più nell’agenda politica o all’attenzione dei media – avverte Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi ricerca sul coma e fondatore dell’Associazione Gli Amici di Luca  – non c’è attenzione alle vite differenti, alle grandi fragilità, ai disabili anche gravi e gravissimi. Sembra non interessi a nessuno, ma ci sono migliaia di persone e migliaia di famiglie cui interessa eccome. Non possiamo e non dobbiamo aspettare un altro “caso Englaro”, bisogna fare qualcosa adesso».E De Nigris lancia una dedica speciale: «Oggi il mio pensiero va a Michael Schumacher, che in questo momento è il rappresentante più in vista di questo particolare stato, sperando che l’attenzione per lui possa far parlare anche degli altri che lo vivono nell’anonimato».