INTERVISTA. Stati vegetativi, una Giornata per rompere il silenzio
Si celebra sabato la terza Giornata nazionale degli stati vegetativi con un congresso nazionale, che si terrà domani a Roma, cui partecipano il ministro della Salute Renato Balduzzi, esperti, studiosi e rappresentanti delle famiglie. Saranno anche presentati i primi risultati del «Tavolo di lavoro per l’assistenza alle persone in stato vegetativo e di minima coscienza».
A tre anni dalla morte di Eluana Englaro, e dopo la bruciante delusione per il fallito iter della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, il dibattito bioetico durante la campagna elettorale si coniuga anche con l’aspetto economico. In tempo di spending review i tagli alla sanità si riverberano fatalmente anche sulle strutture di eccellenza che garantiscono assistenza altamente qualificata ai disabili gravissimi, cioè a tutte quelle persone che a causa di una malattia gravemente degenerativa o di un trauma, si trovino in uno stato di coscienza non responsiva. Se al progredire della ricerca e alla crescente sensibilizzazione dell’opinione pubblica non si accompagna un adeguato sostegno economico sono poi i cittadini, soprattutto quelli che si trovano nella condizione più fragile, a subirne le conseguenze. Vale la pena parlarne con un’autorità come il neurologo Giuliano Dolce, direttore scientifico dell’Istituto Sant’Anna di Crotone.Professore, come incidono i tagli di spesa?L’Istituto Sant’Anna è in difficoltà a causa di una riduzione del budget che non colpisce la disponibilità di posti letto ma chiede di continuare a fornire la stessa assistenza a costi inferiori. Paradossalmente, se si parlasse di taglio dei posti letto si permetterebbe comunque di garantire ai pazienti rimasti un’assistenza di qualità. Limitarsi a tagliare i fondi indiscriminatamente e pretendere che una struttura provveda al mantenimento del medesimo servizio non è pensabile. Riconosco che con noi hanno avuto un certo riguardo, ma la riabilitazione non è un’attività qualunque, piuttosto una struttura altamente complessa che ha elevati costi di personale specializzato.In questo scenario come può progredire la ricerca?La ricerca si è salvata perché abbiamo potuto contare su uno stanziamento di fondi ministeriali che ne hanno salvaguardato l’attività e ci hanno permesso di realizzare progetti importanti. L’Istituto Sant’Anna di Crotone, con proprie strutture e laboratori, ha infatti sviluppato un progetto di ricerca denominato Ran (ricerca avanzata in neuroriabilitazione) con cui abbiamo pubblicato circa 40 lavori in sei anni su riviste scientifiche molto quotate. Abbiamo inoltre sviluppato «Aramis», un robot con doppio esoscheletro che dovrebbe portare sollievo a pazienti colpiti da ictus. Per i pazienti con gravi disturbi di coscienza abbiamo costruito un laboratorio di regolazione sensoriale guidata che, attraverso l’analisi della variabilità del ritmo cardiaco, ci consente di stimolarli in momenti precisi per ottenere da loro una forma di risposta. Ma tutto questo non nasce da solo, è il risultato di molti fattori e di una filosofia d’impegno ben precisa.A volte è anche la burocrazia che frena.Siamo in attesa del riconoscimento a Irccs, che ci porterebbe a reclutare personale sempre più qualificato e specializzato, portando allo sviluppo di un’autentica eccellenza. Stiamo aspettando ancora che la Regione Calabria risponda alla lettera del Ministero in merito. Senza questo atto, tutta la pratica è arenata.Sabato si celebra la terza Giornata degli stati vegetativi, cosa è cambiato in questi anni?Ancora non si è chiarito, una volta e per sempre, che la questione non deve essere sfruttata per motivi politici. Riportiamo il dibattito sul piano medico. C’è chi ha parlato di libertà di scelta, ma mi meraviglia che i cosiddetti progressisti non tengano conto del progresso. Includere l’idratazione tra le terapie escludibili è un fatto gravissimo. È noto nella letteratura scientifica che il paziente in stato vegetativo prova dolore ed è un dolore che è possibile misurare. Ebbene, togliere l’acqua provoca una morte tra dolori lancinanti, nessun paziente cosciente resisterebbe allo strazio e chiederebbe subito da bere. Questa è un’evidenza scientifica impossibile da negare.