Spagna-Italia. «Roma minaccia i diritti», «Madrid non dia lezioni»: duello sull’aborto
La ministra spagnola Ana Redondo e la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni
Non è la prima volta che succede: in Italia parte una polemica contro chi si impegna per la tutela della vita, all’estero leggono i nostri media che rilanciano (spesso senza andare per il sottile) gli attacchi, e trasecolano per quello che gli sembra un tenace oscurantismo. Ritenendo doveroso intervenire. Ieri i panni della bacchettatrice li ha vestiti la ministra per l’Uguaglianza del governo spagnolo, la socialista Ana Redondo, che via social ha notificato il suo sdegno per l’emendamento che apre al coinvolgimento nei consultori «di soggetti del terzo settore – dice il testo approvato dalla maggioranza – che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità». Cioè quello che si legge nell’articolo 2 della legge 194.
Redondo è sdegnata: «Consentire pressioni organizzate contro le donne che vogliono interrompere una gravidanza significa minare un diritto riconosciuto dalla legge – sibila–. È la strategia dell’estrema destra: minacciare per togliere diritti, per frenare la parità tra donne e uomini». Siamo ormai in piena campagna elettorale europea, d’accordo, ma toni e contenuti passano il segno del rispetto per un Paese sovrano. E tempo due ore la premier Giorgia Meloni replica seccamente da Bruxelles, poco prima di partecipare al ricevimento dei reali del Belgio al Consiglio europeo: «Varie volte ho ascoltato ministri stranieri che parlano di questioni interne italiane senza conoscerne i fatti. Normalmente quando si è ignoranti su un tema si deve avere almeno la buona creanza di non dare lezioni».
A rinforzare la posizione del governo interviene la ministra della Famiglia Eugenia Roccella: «Suggerisco ai rappresentanti di altri Paesi di basare le proprie opinioni sulla lettura dei testi e non sulla propaganda della sinistra italiana, che si dichiara paladina della legge 194 ma non ne conosce il contenuto o fa finta di non conoscerlo, dal momento che contesta un emendamento che non fa altro che riprodurre alla lettera un articolo della legge sull’aborto in vigore da 46 anni. Leggi, emendamenti e relazioni ministeriali al Parlamento sono a disposizione di chiunque voglia consultarli prima di esternare, per evitare di farlo senza cognizione di causa».
Mentre su aborto e maternità si gioca la partita Spagna-Italia, alla Camera Pd e M5s tornano all’attacco presentando due diversi ordini del giorno, entrambi respinti dall’aula. Il testo presentato dalla dem Sara Ferrari chiede al governo di «assicurare» che le misure approvate martedì «non minino in alcun modo la piena attuazione» della 194 e «non restringano il diritto delle donne ad avere accesso a una interruzione volontaria di gravidanza». In quello a firma Gilda Sportiello, deputata pentastellata, c’è invece la richiesta all’esecutivo di «potenziare» i consultori, garantire «la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza» e «introdurre misure che impediscano l’accesso nelle strutture consultoriali di quegli enti del Terzo settore ovvero soggetti del volontariato e privato sociale che, ideologicamente orientati, tentino di negare le tutele sottese ai servizi che i consultori sono tenuti a garantire per avviare la procedura relativa all’interruzione di gravidanza». La bocciatura del suo testo non scoraggia l’esponente 5s, che subito rilancia annunciando la presentazione di «una proposta di legge a mia firma per inserire l’aborto in Costituzione».
Evidente l’eco della risoluzione varata l’11 aprile dall’Europarlamento, definita ieri dal Movimento per la Vita «una gravissima sconfitta dell’Europa, dei diritti dell’uomo e della donna. Negare ai bambini il diritto di nascere – si legge in una nota – significa aprire il solco di una lacerante contraddizione nel grande progetto politico per cui l’Ue esiste e deturpare i diritti dell’uomo fondati sull’uguale e intrinseca dignità di ogni membro della famiglia umana».