Lo scrittore. «Sono tetraplegico»: Hanif Kureishi e il diario su Twitter dall'ospedale
Hanif Kureishi
Qualche anno fa il Premio Pulitzer Jennifer Egan scrisse Scatola nera, un esperimento letterario sotto forma di spy story nata per essere pubblicata su Twitter e scandita in porzioni di testo da 140 caratteri, aprendo così a una riflessione sul rapporto fra tecnologia e sfera emotiva. Oggi quell’esperimento torna in una nuova forma nelle parole di Hanif Kureishi, scrittore anglo-pakistano di 68 anni: la forma è quella di un diario e la motivazione un incidente che risale al 26 dicembre scorso, a Roma. In seguito a un mancamento di cui ancora non si conoscono le cause, Kureishi sviene in casa e cadendo subisce una lesione spinale in seguito alla quale rimane tetraplegico. Viene ricoverato al Policlinico Gemelli e in seguito a un’operazione è trasferito alla Fondazione Santa Lucia, centro di riabilitazione romano dove da un paio di settimane inizia a vedere qualche risultato nella sensibilità degli arti. In questa storia non c’è solo la persona ma lo scrittore, che con un moto spontaneo decide di iniziare a comunicare la sua condizione tramite Twitter, con l’aiuto della compagna Isabella D’Amico. Così inizia il 6 gennaio, dettando la terribile sensazione di non trovare più coordinamento tra ciò che era rimasto della sua mente e del suo corpo: «Al momento – detta su Twitter – non è chiaro se sarò mai in grado di camminare di nuovo o di tenere in mano una penna». Poi cambia la sua biografia su Twitter, aggiungendo a “scrittore” la dicitura: «Dispacci dal mio letto d’ospedale». In pochi giorni i tweet diventano sempre più frequenti, così come i messaggi di solidarietà ricevuti. E oltre a diventare un “caso” letterario i suoi pensieri diventano insieme anche un messaggio di speranza per chi si trova in condizioni simili, bloccato in un letto d’ospedale. Giorno dopo giorno, i tweet diventano thread e finiscono anche su Substack, piattaforma di newsletter che aiuta a raccogliere tutta questa scrittura in tempo reale sulla malattia e a dare ulteriore forma ai ricordi, alle riflessioni sull’arte e a quelle sul pensiero di dipendere da altre persone, così come alla gratitudine per medici e infermieri. Kureishi parla dello «scrivere con una voce più libera le parole che in qualche modo si erano bloccate o inceppate». Infine dice che «la collaborazione è ovviamente l’essenza della maggior parte delle forme d’arte», e la comunità che si è creata attorno a questo suo processo di scrittura, così come la vicinanza e complicità della sua compagna nell’aiutarlo a riportare i suoi messaggi al mondo, in qualche modo danno conferma di questa affermazione.