Vita

Dopo lo stop Usa. Raccolta fondi per gli aborti, aderiscono 50 Paesi

Giovanni Maria Del Re giovedì 2 marzo 2017

Sono oltre 50 le nazioni che hanno aderito alla campagna per garantire l’aborto nei Paesi in via di sviluppo dopo lo stop della Casa Bianca al finanziamento dei programmi di cooperazione che lo prevedano. È il risultato della conferenza che si è svolta giovedì a Bruxelles sull’iniziativa “She decides", lanciata a gennaio dal ministro per il Commercio Estero Lilianne Ploumen per coprire l’ammanco di 600 milioni di dollari finora assicurati dagli Usa. Olanda, Belgio, Svezia e Danimarca hanno versato ciascuno 10 milioni di euro, la Svezia 21. «La scelta puramente ideologica di un Paese – ha sostenuto il ministro belga per la Cooperazione Alexander De Croo – non può spingere di nuovo nell’oscurità migliaia di donne e ragazze». La piattaforma “She decides” opera con il metodo del “crowdfunding”, ciascuno può donare attraverso il sito allee Ong che operano «pianificazione familiare» nei Paesi in via di sviluppo. L’iniziativa sta già però raccogliendo critiche, come dimostra un duro video di condanna dell’attivista nigeriana Obianuju Ekeocha che parla di «nuovo colonialismo». (G.M.D.R)

La vicenda

Quattro Paesi europei esortano a prendere il posto degli Stati Uniti sul fronte del finanziamento all’aborto nei Paesi in via di sviluppo, ma gli africani li avete ascoltati?

Questo è imperialismo culturale e neocolonialismo. È il duro messaggio lanciato in un video il cui titolo dice tutto: «La dittatura dei ricchi donatori», che si espande nel mondo proprio mentre giovedì Belgio, Olanda, Danimarca e Svezia organizzano al Parlamento europeo una conferenza sull’iniziativa internazionale «She decides» («Decide lei», ne fanno parte anche Stati di altri continenti, ad esempio il Canada). L’iniziativa è stata lanciata a gennaio dal ministro olandese per il Commercio estero Lilianne Ploumen per raccogliere fondi a livello internazionale allo scopo di finanziare programmi di aborto nell’ambito della cooperazione allo sviluppo dopo che il decreto del neo-presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva vietato di erogare soldi pubblici alle ong che includano l’aborto nei loro programmi di aiuti. All’appuntamento partecipano, oltre ad alcuni Stati, la Commissione europea e varie agenzie Onu nonché l’Organizzazione mondiale della sanità. Secondo il Ministero degli Esteri belga l’obiettivo della conferenza è «lanciare una strategia comune per limitare l’impatto di questa decisione americana per milioni di donne e ragazze».

Autrice del video di denuncia è Obianuju Ekeocha, nigeriana, cattolica, presidente dell’ong Culture of Life Africa. «Molti Paesi occidentali – afferma – hanno deciso di riunirsi per raccogliere soldi per l’aborto ma non fondi per il cibo in Africa, non fondi per l’acqua in Africa, non fondi che gli africani possano utilizzare come vogliono. Invece si ritrovano per raccogliere milioni di dollari da dedicare al cosiddetto aborto sicuro. La cosa più scoraggiante è che questi Paesi occidentali non si sono neppure curati di chiedere agli africani che cosa vogliono».

Ekeocha ricorda studi secondo i quali l’aborto è ritenuto inaccettabile in qualsiasi circostanza da un’ampia maggioranza in numerosi Paesi africani. «Questo è il nuovo colonialismo – sottolinea ancora l’attivista nigeriana –, questo è imperialismo culturale. È la dittatura del ricco donatore». Perché, prosegue, «quello che noi chiediamo è il vostro sostegno per favorire la nascita sicura di bebè africani».

Sulla vicenda si è attivata anche la Fafce (la Federazione delle associazioni cattoliche di famiglie). Il segretario generale Maria Hildingsson ha lamentato la presenza di rappresentanti della Commissione europea (ci sarà il commissario europeo allo
Sviluppo, Neve Mimica). «L’iniziativa She decides – afferma – chiama apertamente al finanziamento dei servizi di aborto, e stupisce che il commissario in carica per lo sviluppo prenda parte a un evento simile».


Hildingsson ricorda che «sia la Commissione europea sia il Consiglio europeo (che rappresenta gli Stati membri e non va confuso con il Consiglio d’Europa, istituzione distinta dalla Ue; ndr) hanno chiaramente affermato che l’aborto non è parte delle competenze Ue». Per questo, prosegue il segretario generale Fafce, è «contraddittoria» la presenza di Mimica, in quanto la sua partecipazione «può esser interpretata come un avallo della campagna She decides». La Fafce ha chiesto a Micica di «astenersi dal sostenere iniziative al di fuori delle competenze Ue». Va ricordato che la stessa Commissione europea ha seccamente rigettato, nel maggio 2014, la richiesta di una petizione popolare di oltre due milioni di cittadini che chiedevano – sulla scorta di una sentenza della Corte di giustizia Ue a difesa della vita sin dallo stato embrionale – che l’Unione non finanziasse programmi che includano la pratica
dell’aborto.

Nonostante le dure proteste dell’ong africana, comunque, la macchina dei fondi pro-aborto, a quanto pare, procede a pieno ritmo. L’Olanda ha già donato 10 milioni, altrettanto hanno poi fatto Danimarca e Belgio, e anche il Canada ha promesso fondi. Altre promesse potrebbero arrivare oggi alla conferenza di Bruxelles. «Abbiamo ricevuto risposte positive da tutto il mondo – ha detto il vice premier belga Alexander De Croo, ministro dello Sviluppo, che fa da anfitrione all’evento di oggi –. Numerosi Paesi hanno già annunciato di volersi unire all’iniziativa olandese insieme al Belgio. Ma abbiamo ricevuto anche domande da parte di individui che vogliono dare un contributo». De Croo ha esortato tutti «coloro cui stanno a cuore le donne e le ragazze» a difendere quello che lui ha definito «un diritto umano» all’aborto (peraltro nessuna carta internazionale lo sancisce).


L’iniziativa punta anche al cosiddetto crowd-funding, cioè la donazione via Internet. Purtroppo non è facile trovare altrettanto fervore per iniziative di crowd-funding contro la fame, la povertà, il sottosviluppo.