Ricerca. «La Sla è il nostro nemico, ci battiamo finché sarà sconfitta»
Per capire meglio la portata della ricerca italiana sulla Sla è utile incontrare il presidente di Arisla, associazione che la seleziona e la promuove, Alberto Fontana, da anni impegnato per la difesa dei diritti delle persone con disabilità e fra i fondatori del Centro clinico Nemo di Milano.
Qual è oggi panorama della ricerca italiana sulla Sla?
Dal significativo numero di domande presentate ai nostri bandi traspare il rilevante impegno che i ricercatori italiani profondono nello studio della Sla. È davvero emozionante vedere quanto la passione per la ricerca sia oggi viva e rappresenti la via principale per provare a combattere la malattia. In questi anni la mission di Arisla, nata grazie all’unione tra Fondazione Cariplo, Aisla, Fondazione Vialli e Mauro e Telethon, è stata quella di sostenere concretamente gli studi più validi e innovativi, con una prospettiva di potenziale applicabilità delle cure. Questo percorso ci sta portando a raggiungere importanti risultati e a mettere in gioco la comunità scientifica italiana con i suoi valori d’eccellenza. Nel campo della genetica alcuni degli studi finanziati da Arisla, con il sostegno di collaborazioni internazionali, hanno avuto un significativo ruolo nella scoperta di nuove mutazioni che causano la malattia.
C’è un filo comune che unisce i progetti di ricerca che selezionate?
Tre progetti finanziati da Arisla hanno partecipato all’identificazione di cinque degli otto nuovi geni scoperti e coinvolti nell’insorgenza della Sla, non a caso individuati negli ultimi cinque anni. Il nostro supporto alla ricerca di base e traslazionale ha permesso di indagare il ruolo di nuove molecole per rallentare la progressione della Sla e ad aprire la strada a nuove potenziali strategie concrete verso una terapia efficace.
Cosa si muove sul fronte della cura?
Arisla ha promosso l’avvio di quattro trial multicentrici favorendo la creazione di un network clinico che coinvolge 25 centri di eccellenza su tutto il territorio nazionale, dimostrando come sia possibile mettere a patrimonio comune strumenti e conoscenze. Il fatto la comunità scientifica italiana si trovi ora al secondo posto per numero di pubblicazioni scientifiche dopo gli Stati Uniti (fonte Gopubmed, ndr), anche grazie agli studi scaturiti dai progetti finanziati per circa il 20% della produzione nazionale, dà grande soddisfazione.
Cosa si può fare per accelerare l’ottenimento dei risultati?
La ricerca deve andare avanti finché la Sla non sarà sconfitta: questa per noi è la priorità. Occorre poi sensibilizzare gli italiani a sostenere in tutti i modi la ricerca in quanto strumento fondamentale per dare risposte efficaci alle persone malate, una consapevolezza che fortunatamente sta crescendo. In parallelo bisogna lavorare per la creazione di una vera cultura della ricerca, mettendo a patrimonio comune le conoscenze e le scoperte conquistate col generoso lavoro di ognuno, coinvolgendo anche le singole persone con Sla: il loro contributo è fondamentale per ottenere insieme i risultati che cerchiamo.