Settimana sociale. Dignità, uguaglianza, diritto alla vita: le radici della democrazia
Uno scorcio della platea alla Settimana sociale di Taranto nel 2021
Le Settimane sociali dei cattolici sono caratterizzate dal segno di “nuovi inizi”. Nella loro storia si può leggere la tensione a rendere significativa la presenza pubblica organizzata dei cattolici italiani, con l’auspicio di una loro unità cementata dai valori fondamentali della dottrina sociale della Chiesa, una unità da costruirsi negli inizi e da ricostruirsi nei momenti di crisi. Il tema di quest’anno (a Trieste dal 3 al 7 luglio) è straordinario anche per chi tiene alla difesa e alla promozione della vita umana: “Al cuore della democrazia”.
Tutti comprendono che non ci può essere democrazia senza uguaglianza, e l’uguaglianza, a sua volta, deriva dalla pari dignità di ogni essere umano. Una dignità, cioè, non intermittente o graduabile, ma presente con la stessa forza e la stessa intensità in ogni uomo, perciò sempre persona, fine, soggetto titolare di diritti. Un sistema, quindi, non è compiutamente democratico se discrimina tra gli uomini e colpisce i diritti fondamentali di alcuni. La cultura moderna – non solo quella giuridica, ma anche quella politica e popolare – sembra aver ormai definitivamente accolto la categoria dell’uguaglianza. La lotta alla discriminazione sull’uomo sta cambiando l’organizzazione sociale, ha determinato la rivoluzione femminile, indica come modelli da seguire coloro che si sono battuti per l’uguaglianza, modifica i rapporti tra gli Stati perché – almeno sulla carta – quando sono in gioco i diritti fondamentali non esistono “questioni interne”, esige – appunto – la democrazia.
Certo, osserviamo tante contraddizioni e tradimenti, ma resta il fatto che l’idea di uguaglianza in base al criterio della dignità umana attira e coagula consensi. Il concetto di “uomo” è oggi più che mai al centro del dibattito pubblico ed è chiamato in causa da tutte le sfide, compresa quella sull’Intelligenza artificiale. Eppure l’uomo nella fase più giovane della sua esistenza (espressione di Jérôme Lejeune) è talmente discriminato – manipolato, distrutto, rifiutato nella cultura, nella società, nelle leggi – che quasi non se ne può parlare; talmente accantonato che la sua qualifica come “uno di noi” può infastidire o addirittura suscitare il timore di non essere politicamente corretti; talmente ritenuto irrilevante da considerare un “diritto” farlo fuori (espressione di papa Francesco) e da far piovere insulti a chi si adopera per aiutare le donne a superare la difficoltà ad accoglierlo.
È compiuta dunque la democrazia in una società che fa dello scarto di esseri umani un trofeo? La funzione dei cattolici nell’attuale società italiana può ignorare questa offesa alla democrazia sostanziale? Nessuna democrazia è veramente compiuta se non parte dal più completo rispetto per ogni uomo, e in particolare per chi più di chiunque altro è debole, indifeso e bisognoso della solidarietà di tutti. L’impegno dei cristiani nel sociale, nel pre-politico e anche nel politico, non può che essere caratterizzato dall’impegno a rendere la società accogliente specialmente nei confronti del “più povero tra i poveri”, espressione con cui Madre Teresa chiamava i bambini non ancora nati.
“Fissazione”? Questione periferica, più moraleggiante che centrale e sociale? Nulla di tutto questo: proprio nella prospettiva della democrazia, l’aborto considerato “diritto” ne appare obiettivamente la massima offesa e un urgentissimo problema da risolvere. Altre aggressioni all’uomo non avvengono con un così vasto tradimento della verità.
È evidente che il diritto alla vita non riguarda solo l’aborto, ma esige impegno a tutto campo su ogni frontiera e per l’intero arco dell’esistenza. Tuttavia, se davvero abbiamo a cuore tutta la vita non possiamo ignorare che lo sguardo sull’inizio rende più pura e profonda la prossimità verso ogni altra periferia dove l’uomo è disprezzato, emarginato, vilipeso; accogliere “lui” significa rinsaldare le basi di ogni accoglienza; la solidarietà verso le madri in difficoltà e dunque verso i loro bimbi in grembo rafforza la solidarietà verso tutta la vita; riconoscere il concepito come uno di noi è il fondamento di un più alto livello di civiltà e prepara un futuro in cui si realizzano – nella verità e in misura sempre maggiore – l’uguaglianza, la pace, la solidarietà, la giustizia, la libertà, l’autentico fondamento dei diritti dell’uomo, e pertanto la democrazia. Il nostro impegno, anche sull’onda della Settimana sociale, deve «intensificarsi nonostante ogni difficoltà, sapendo che dalla acuta percezione del valore della vita deriva una energia di rinnovamento; che non è possibile alcuna rassegnazione e che è necessario promuovere la dignità umana dedicando ogni risorsa di pensiero e di azione perché si possa ritrovare fiducia. Noi presumiamo che meditando sul figlio-dono progettiamo anche l’intera città dell’uomo, rendendo solide le sue colonne portanti, quelle della libertà, del diritto, della democrazia, della solidarietà» (Carlo Casini).
A volte il fascino (la tentazione!) del “nuovismo” fa dimenticare ciò che è veramente nuovo, capace di imprimere nella società il positivo cambiamento da tutti auspicato e di rispondere al grande il bisogno di un... nuovo inizio.
* Presidente del Movimento per la Vita italiano