Carla e Ombretta, due donne lesbiche (i nomi sono di fantasia), sei anni fa circa si sono recate all’estero per procedere all’inseminazione artificiale eterologa (vietata in Italia) su una delle due indifferentemente. Alla fine a tentare la gravidanza è stata la più giovane – Ombretta –, per aumentare le possibilità di riuscita. È nata così una bimba, che chiameremo Angela, da quel giorno cresciuta senza sapere di avere un padre da qualche parte del mondo, soltanto con accanto la madre biologica e la sua compagna, convinta che si possano avere due mamme e chiamando entrambe così: «mamma». Sempre all’estero, e sempre in contrasto con le leggi italiane, le due donne si sono poi "sposate" e a quel punto il passo successivo è stato automatico: chiedere l’adozione della bimba da parte di Carla, adozione che il Tribunale dei minori di Roma, presieduto dal giudice Melita Cavallo, ha ora concesso. «È la prima volta che questo avviene in Italia», ha annunciato ieri l’avvocato delle due donne, Maria Antonia Pili, parlando disinvoltamente di «due mamme» della bambina: «Le due mamme hanno dapprima intrapreso e portato a termine un percorso di fecondazione eterologa all’estero, e dopo la nascita della piccola hanno stabilmente proseguito nel progetto di maternità condividendo con ottimi risultati i compiti educativi ed assistenziali, offrendole una solida base affettiva». Le due lesbiche – prosegue l’avvocato – si erano rivolte al Tribunale per il riconoscimento ed il ricorso è stato accolto sulla base dell’articolo 44 della legge relativa all’adozione.Qualcuno nel mondo politico ha immediatamente inneggiato a una magistratura che in questo modo legifera e quindi esautora il Parlamento, ma così non è: «Non abbiamo inventato un diritto ex novo – specifica Melita Cavallo – e non c’è da oggi un nuovo articolo di legge per cui d’ora in poi sarà scontato che quando due gay sono conviventi il figlio nato da uno dei due con la fecondazione eterologa possa essere adottato. Noi abbiamo applicato la legge, che oltre alle normali adozioni nazionale e internazionale prevede anche i "casi particolari", ovvero l’esigenza di mantenere per il bene del minore un rapporto affettivo ormai consolidato nel tempo». Per capirci, se un bambino è stato accudito per anni dalla vicina di casa nubile perché i genitori sono alcolizzati, oppure da una coppia di anziani, «lo lasciamo in adozione a loro anche se non hanno i requisiti legittimanti, perché il rapporto è ormai forte... La chiamiamo "adozione semipiena"». Angela infatti ormai frequenta la materna e i suoi pilastri affettivi sono la mamma e la sua convivente. Viene da pensare, quindi, che convenga trasgredire le leggi e recarsi all’estero per pratiche illecite, visto che quando il rapporto è ormai consolidato sarebbe un ulteriore trauma intervenire in modo diverso. «Non è così facile – cerca di sdrammatizzare Melita Cavallo –, la legge delle adozioni impone che ci sia una stabilità nel vincolo, che il rapporto tra il minore e l’aspirante genitore sia ottimo, l’indagine insomma deve essere approfondita», e nel caso di Angela, sostiene, «sia le maestre della scuola materna romana che le psicologhe hanno rilevato serenità nella bambina, che vuol bene a entrambe le mamme». Non solo: «L’unico rischio era che la piccola vivesse isolata nella sua realtà, invece grazie ai nonni e ad amici vede altri tipi di famiglia, sa che esiste anche il modello più accreditato...». Melita Cavallo, insomma, difende la sua sentenza, poiché «noi non abbiamo inventato nulla, altre sentenze della Cassazione hanno aperto questa via, inoltre la legge sulle adozioni non fa un discrimine tra coppie etero o gay, non specifica, quindi quando mi è stata posta la domanda dalle due donne, che non considero sposate ma che sono stabilmente conviventi da oltre dieci anni, io su che base avrei potuto negare l’adozione dei casi speciali, vista la serenità della piccola? Come persona io sono contraria a questa e a molte altre cose, ma come giurista non avevo alcun mezzo per oppormi». Eppure è la prima volta, e questo vorrà dire qualcosa...Per le coppie che desiderano adottare, le maglie sono sempre strette, occorre essere sposati e rispondere a una serie infinita di requisiti, poiché al minore si deve garantire il meglio. Perché per Angela nessuna garanzia? «Quando diamo un bimbo e dobbiamo scegliergli una famiglia, sentiamo una responsabilità enorme nel trovare la migliore delle coppie possibili, ma qui non l’ho scelta io, c’era già la sua mamma naturale, e nell’interesse della minore abbiamo operato perché in futuro, se accadesse qualcosa, anche l’altra donna possa assumere le sue responsabilità. Non abbiamo cercato noi una copia omosessuale, abbiamo agito su una situazione già esistente».