L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato le nuove linee guida per gli operatori sanitari impegnati a diverso titolo nell’ambito della cosiddetta "salute riproduttiva". Il testo è stato diffuso mercoledì, appena tre giorni dopo la pubblicazione da parte dell’Onu dell’agenda 2015-2030 «per lo sviluppo sostenibile» («Trasformare il nostro mondo») che insieme a un gran numero di princìpi e obiettivi assolutamente condivisibili sulla lotta alla povertà, alla fame, alle malattie e all’emarginazione di interi popoli include in due punti l’esplicito riferimento alla necessità di «assicurare l’accesso universale a servizi di salute sessuale e riproduttiva» (paragrafo 3.7) e ai «diritti riproduttivi come stabilito in accordo con il Programma di azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e la piattaforma di azione di Pechino» (5.6). Concetti e riferimenti notoriamente ambigui che l’Oms, agenzia Onu per la salute, provvede a esplicitare a stretto giro di posta.L’obiettivo del documento Oms è quello di fornire al personale medico le opportune indicazioni per poter garantire interruzioni di gravidanza sicure per la donna e adeguata assistenza in merito alla contraccezione post-aborto. Secondo l’Oms, sarebbero circa 22 milioni gli aborti eseguiti in condizioni di scarsa sicurezza, con conseguenti gravi ripercussioni sulla salute della donna. Tra gli aspetti critici che causano queste problematiche c’è la scarsità di personale qualificato che abbia ricevuto la corretta formazione per intervenire qualora la madre decida di non proseguire con la gravidanza. Nel documento si afferma che nel 2035 potrebbero essere quasi 13 milioni i professionisti dell’aborto mancanti rispetto all’effettiva necessità globale, che riguarda soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Le linee guida dell’Oms si soffermano anche sulle disparità presenti all’interno dei singoli Stati, dove spesso le aree rurali sono svantaggiate per quanto concerne l’accesso rapido e sicuro all’aborto. Tra i motivi che rendono poco fruibili contraccezione e aborto vengono citate anche le politiche e i regolamenti statali e il rifiuto di alcuni operatori sanitari di eseguire interruzioni di gravidanza, ovvero coloro i quali esercitano il diritto all’obiezione di coscienza, sempre più condizionato. Tant’è vero che nelle conclusioni del testo si afferma espressamente che l’obiezione di coscienza, laddove consentita, andrebbe regolata garantendo comunque alle donne le cure necessarie. Inoltre, la formazione del personale sanitario deve aiutare i soggetti coinvolti a superare le proprie convinzioni personali, a prescindere dalle quali secondo l’Oms aborto e contraccezione dovrebbero essere servizi minimi garantiti. Le linee guida sono infarcite di ogni possibile dettaglio circa tutto ciò che riguarda la sfera della «salute riproduttiva», divenuto ormai un dogma per l’Onu: dall’aborto chirurgico e con pillola Ru-486 alla cura delle infezioni e delle emorragie causate da interruzioni di gravidanza, dall’uso della spirale fino alla chiusura delle tube e all’uso di contraccettivi iniettabili. Per ognuno degli interventi viene definita la necessità di coinvolgere personale medico addestrato. Le linee guida sono destinate anche ai legislatori, che dovrebbero impegnarsi quindi affinché quanto suggerito dall’Oms venga recepito dalle leggi nazionali, soprattutto in quei Paesi nei quali la strada per l’aborto non è spianata come l’Onu auspica.