Roma. Una “Casa” per maternità difficili nel nome di Chiara Corbella
Chiara Corbella Petrillo
Prima due gravidanze difficili, e la morte dei bimbi appena nati. Poi, finalmente, l’arrivo di un terzo figlio, nonostante le difficoltà e i rischi che ha accettato di affrontare. A 12 anni dalla morte di Chiara Corbella, la mamma romana – ora per la Chiesa “serva di Dio” – che ha rinunciato alle cure antitumorali pur di salvaguardare la salute del terzogenito, l'associazione Pro Vita & Famiglia Onlus e la Fondazione il Cuore in una Goccia hanno inaugurato a Roma la “Casa di Chiara”: un appartamento pensato per ospitare famiglie e donne che vivono la difficoltà di portare a termine gravidanze a rischio a causa di gravi patologie fetali.
La Casa di Chiara potrà ospitare fino a tre nuclei familiari per periodi variabili a seconda delle necessità, e in modo gratuito: sarà garantita infatti sia l’assistenza quotidiana alle famiglie con le spese delle utenze e la telefonia sia l’accesso ai servizi pubblici.
«La storia di Chiara – spiega Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus – rappresenta i tre valori che hanno ispirato questa nostra iniziativa: l’accoglienza, l’accompagnamento e l’assistenza, ossia tutto quello che ha fatto Chiara con le sue due prime gravidanze incompatibili con la vita. Attraverso le sue scelte ha dimostrato che c’è una strada possibile per accompagnare questi bambini, ed è fatta di amore».
Ma le storie di gravidanze difficili si ripetono ancora, da Nord a Sud, e mettono le famiglie di fronte a un bivio: perché non sempre sono in grado di sostenere i costi necessari per far curare la mamma o il bambino in un centro specializzato, spesso lontano da casa. «Sappiamo che c’è un’altissima richiesta di alloggio per queste situazioni patologiche – prosegue Coghe –. Basti pensare che solo nell’ultimo anno oltre il 79% delle richieste di assistenza giunte su Roma proveniva da famiglie residenti fuori dalla Regione Lazio, per trattare patologie prenatali molto serie come malformazioni strutturali, sindromi polimalformative, cromosomopatie, linfangiomatosi e cardiopatie. Noi vogliamo metterci al servizio delle famiglie in modo concreto».
Per sostenere le gravidanze difficili non basta certo incoraggiare le mamme a parole: «L’accoglienza fa parte della cultura dell’hospice perinatale del Policlinico Gemelli – dice Giuseppe Noia, presidente della Fondazione il Cuore in una Goccia –. Se la diagnosi prenatale è patologica molte famiglie si ritrovano in una situazione di solitudine familiare, amicale e sociale, che diventa poi desolazione quando sanno che la diagnosi non può portare a risultati positivi. Ma nonostante questo dolore c’è la scelta libera, tranquilla, alternativa all’interruzione della gravidanza: se non possiamo curare i figli noi possiamo prendercene cura. E questo restituisce alla coppia una convinzione del progetto genitoriale per cui, anche se in maniera differente, sanno che hanno dato al proprio bambino tutto quello che potevano. La condivisione familiare e il supporto psicologico e spirituale rappresentano una forma di servizio che da scientifico e clinico diventa anche sociale».
«Penso a tutte le persone, tutti i genitori che vivono le fatiche delle gravidanze difficili, che poi affrontano il calvario delle distanze, dei problemi delle strutture ospedaliere – ha affermato durante la cerimonia inaugurale monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma per l’ambito della diaconia della carità –. È come se la vita avesse bisogno di un’enorme sala parto, un enorme luogo, non fisico, dove dare e ricevere amore. In piccolo, tutto ciò accade con questa struttura, la cui realizzazione ha sicuramente richiesto quella che io chiamo la “testardaggine dell’amore”».
La Casa di Chiara è già pronta ad accogliere le mamme. E intanto arriva il plauso delle istituzioni: un progetto di «grande valore – come ha scritto il ministro della Salute Orazio Schillaci nel messaggio inviato agli organizzatori – per assicurare un sostegno concreto alle famiglie che affrontano un periodo difficile e delicato, quale è la malattia di un figlio nella fase della gestazione», e dunque un «modello da seguire e valorizzare».