Negli ultimi mesi, in Francia, non sono mancati gli appelli dal basso al dibattito e i messaggi d’allerta lanciati da associazioni o cittadini indignati, dalla Chiesa o da scienziati fuori dal coro. Ma tutto questo non è bastato a infrangere il muro di gomma che ha permesso ieri pomeriggio ai deputati dell’Assemblea nazionale di varare, quasi in sordina, la «liberalizzazione inquadrata» della ricerca sugli embrioni. Finora vietata formalmente e permessa nei fatti solo con deroghe concesse da un organismo pubblico, l’Agenzia di Biomedicina, la ricerca sarà ormai autorizzata in via ordinaria, in presenza di quattro condizioni. Accanto alla «pertinenza scientifica» e alla «finalità medica» delle ricerche, figura pure un punto apparentemente più restrittivo: «Allo stato delle conoscenze scientifiche, questa ricerca non può essere condotta senza ricorrere a questi embrioni o a queste cellule staminali embrionali». Inoltre, occorrerà rispettare «i principi etici relativi alla ricerca sull’embrione e sulle cellule staminali embrionali». Ma secondo le associazioni e i giuristi, queste formulazioni vaghe lasciano presagire controlli concreti problematici, se non impossibili. I ricercatori potranno ricorrere solo ad embrioni provenienti dai laboratori per la fecondazione in vitro, dopo l’espresso consenso della coppia che conserverà un diritto di ripensamento fino all’inizio delle ricerche. Dopo, invece, il trasferimento diverrà irreversibile.Ieri, con 314 voti favorevoli e 223 contrari, la disciplina di partito ha prevalso su ogni intima dissidenza di coscienza. Ma i detrattori del testo, profondamente amareggiati, hanno denunciato soprattutto «un’occasione mancata per la democrazia», dopo ciò che è stato definito come «un iter legislativo fantasma», o ancora un «capolavoro di dissimulazione». Tutto condensato in un solo articolo, per favorirne l’approvazione lampo, il provvedimento ha avanzato come una talpa legislativa. La sua corsa, adesso, potrà essere fermata in extremis solo dal ricorso al Consiglio costituzionale annunciato ieri dai neogollisti. A dicembre, in un Paese lacerato dal dibattito sulle nozze e adozioni gay, la proposta di legge ombra era uscita nottetempo al Senato dal cilindro di una formazione minore della maggioranza, i Radicali di sinistra. Dell’approvazione, avvenuta in un emiciclo quasi vuoto, il Paese aveva appreso solo al mattino. Dopo un simile blitz, il primo approdo della bozza all’Assemblea aveva trovato i neogollisti ben preparati. A marzo, di fronte a un muro di emendamenti dell’Ump, i Radicali avevano gettato la spugna. Le associazioni avevano subito tirato un sospiro di sollievo e molti scommettevano che il provvedimento avrebbe atteso almeno un anno prima di tornare eventualmente in aula. E invece, la nuova triste sorpresa è giunta grazie alla “sessione parlamentare straordinaria” di luglio, generalmente dedicata a questioni di massima urgenza ed assolutamente improcrastinabili. Geneviève Fioraso, ministro socialista dell’Università e della Ricerca, ha difeso il provvedimento a nome del governo. Anzi, l’esecutivo si è persino avvalso questa volta della procedura del “voto bloccato”, che consente d’imporre limiti rigidi al dibattito parlamentare, neutralizzando di fatto l’opera dell’opposizione. Ieri, fuori dal Parlamento, alcune decine di militanti pro-life travestiti da embrioni hanno inscenato una suggestiva protesta per denunciare l’approvazione ombra. Inoltre, è stata contestata l’assenza, fra le persone sentite dal Parlamento, degli insigni scienziati francesi che si oppongono alla ricerca sugli embrioni, come il biologo Jacques Testard, uno dei due “padri” del primo “bebé provetta” d’Oltralpe. L’altro, il medico René Frydman, pienamente favorevole alla liberalizzazione, ha invece goduto di diritto d’udienza, come altre figure dello stesso orientamento.Fino all’ultimo, la Chiesa francese ha denunciato la sterilizzazione estrema del dibattito. In un documento ufficiale dei giorni scorsi, monsignor Pierre d’Ornellas, coordinatore episcopale per le questioni bioetiche, ha lanciato un monito: «La scienza non può guidare le scelte politiche. Queste debbono discernere il modo in cui è promosso l’ecosistema umano, che precede lo Stato. L’ecologia, così necessaria e urgente, è anche umana».