Vita

Ricerca. Funziona il trattamento italiano che “frena” la Sla con i campi magnetici

venerdì 2 agosto 2024

L'équipe del professor Vincenzo Di Lazzaro (a destra) con un paziente al Campus Bio-Medico

Dopo 24 mesi di trattamento con stimolazione magnetica cerebrale transcranica statica, oltre il 70% dei pazienti con Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è sopravvissuto senza necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica, a fronte del 35% dei pazienti che non avevano ricevuto questo trattamento. È il dato più rilevante che emerge da uno studio della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano, pubblicato sulla rivista Lancet Regional Health Europe.

La tecnica, non invasiva, è in grado di modulare attraverso l'utilizzo di campi magnetici l'eccitabilità delle cellule nervose correggendo l'iper-eccitabilità che porta a morte i neuroni motori nei pazienti con Sla. Anche se le cause di questa patologia sono ancora sconosciute, recenti ricerche hanno infatti dimostrato che un'eccessiva risposta agli impulsi eccitatori da parte delle cellule nervose che controllano il movimento può innescare il processo degenerativo.

L'approccio impiegato in questa ricerca utilizza la stimolazione magnetica non invasiva al posto dei farmaci – per questo chiamata elettroceutica – e viene studiato nella Sla dal gruppo diretto dal professor Di Lazzaro da oltre venti anni. Diversi studi preliminari hanno dimostrato che è possibile ottenere un lieve ma significativo rallentamento della progressione di malattia.
Recentemente è stata introdotta una nuova forma di elettroceutica che utilizza un campo magnetico di tipo statico (si tratta di un potente magnete). Una tecnica che per la sua semplicità di impiego, può essere utilizzata direttamente dai pazienti e da chi li accudisce al proprio domicilio, quotidianamente e per periodi prolungati. In uno studio preliminare la stimolazione magnetica statica è stata sperimentata in due pazienti con una forma di Sla a rapida evoluzione, osservando un significativo rallentamento della progressione di malattia.

Sulla base di questa preliminare esperienza nel 2019 era stato avviato l’attuale studio, che ha coinvolto 40 pazienti affetti da Sla con l’obiettivo primario di valutare se la stimolazione sia in grado di ridurre la progressione della malattia durante un periodo di trattamento di 6 mesi. Al termine di tale periodo non si è osservato un significativo cambiamento nella velocità di progressione della malattia ma lo studio è proseguito per altri 18 mesi: al termine i risultati osservati appaiono estremamente promettenti. «Si tratta di una differenza significativa che ci fa essere ottimisti, ma che deve essere considerata con prudenza», sottolinea Vincenzo Di Lazzaro, direttore della Neurologia della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico. «Infatti quando uno studio non raggiunge l’obiettivo primario ma l’evidenza di efficacia emerge da una prosecuzione del medesimo in una modalità cosiddetta “in aperto” sono necessarie ulteriori conferme. Quindi, anche se i risultati ci rendono decisamente ottimisti, non possiamo concludere di aver trovato “la cura della Sla”. Possiamo tuttavia affermare con sicurezza che sono pienamente giustificati ulteriori studi che valutino l’efficacia della stimolazione magnetica statica in un maggior numero di pazienti e con un periodo di trattamento prolungato».
Vincenzo Silani, direttore del Dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano - Centro Dino Ferrari dell’Università degli Studi di Milano dice che «in un momento difficile per il recente insuccesso di diversi trial farmacologici verso cui erano state riposte molte speranze per la forma sporadica di Sla, questo studio apre un’inattesa prospettiva positiva per i pazienti. L’elettroceutica si dimostra oggi una componente imprescindibile per una combinazione terapeutica che molti ritengono rappresentare la soluzione definitiva per una malattia caratterizzata da diversi momenti patogenetici. Le future strategie terapeutiche dovranno adeguatamente tenere in conto i dati oggi prodotti con questo studio».

La ricerca è stata resa possibile dal sostegno della Fondazione Nicola Irti per le opere di carità e di cultura ed è dedicata alla memoria di Nicola Irti. Va ricordato anche Vincenzo Russo, il primo paziente che ha deciso di sottoporsi volontariamente alla stimolazione magnetica statica. A portare avanti questo sforzo i suoi amici dell'associazione Ance di Salerno, realtà che ha finanziato una borsa di dottorato di ricerca in memoria dello stesso Russo destinata a un giovane ricercatore che vuole sfidare la Sla presso la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma.