C'è un’enorme pressione in Italia da parte di molti centri di procreazione medicalmente assistita, e di avvocati che tutelano i loro interessi, perché si parta subito con le pratiche della fecondazione eterologa, senza attendere un adeguamento del quadro normativo. Perché si ha improvvisamente tanta paura del Parlamento, in cui fra l’altro chi difendeva la legge 40 è in minoranza?La verità è che non si vuole una regolazione generale della fecondazione artificiale eterologa, e si preferisce lasciare che tutto venga stabilito dal mercato, dalla legge della domanda e dell’offerta, affidando la materia a contratti di tipo privato. Quando saranno note le motivazioni della recente sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge 40 ne sapremo di più, ma fin da adesso, entrando nel dettaglio delle tecniche e delle norme, si vede che la tesi di chi afferma che la normativa attuale è sufficiente fa acqua da tutte le parti.Considerando per il momento solo gli aspetti strettamente sanitari, e tralasciando volutamente quelli più legati a considerazioni di tipo etico (ad esempio la possibilità o meno per i nati di conoscere i genitori biologici, che pure bisognerà normare, e non certo in una conferenza Stato-Regioni o con un decreto ministeriale) dovrebbe essere evidente a tutti che, dal momento in cui si introduce la figura del donatore di gameti, è necessario che sia garantita una tracciabilità completa del percorso, per la protezione del donatore, della madre e dei nati. Vediamo se questo è realizzabile adesso, entrando nel merito. Abbiamo due tipi di normative: i decreti legislativi 191/2007 e 16/2010 (con aggiornamenti successivi), che recependo alcune direttive europee stabiliscono le regole per tracciabilità, sicurezza e qualità di cellule e tessuti, gameti compresi, e la legge 40, che istituisce il registro della Pma, che comprende anche i nati.Innanzitutto va specificato che i decreti suddetti non contengono quelle parti delle direttive europee sulla fecondazione eterologa, per esempio l’allegato III della 2006/17, nel quale sono contenuti i «criteri di selezione ed esami di laboratorio richiesti per i donatori di cellule riproduttive» per «donazioni diverse dal partner». Si parla di test di Hiv1 e 2, Hcv, Hbv e altro, che hanno modalità diverse, ovviamente, se il donatore è il coniuge o il convivente, oppure se è uno sconosciuto. Lo stesso vale per i test genetici per il donatore, per i quali la direttiva europea dà alcune indicazioni generali che vanno recepite adeguatamente nel nostro ordinamento, stabilendo quali sono necessari in base all’epidemiologia del nostro Paese e quali garantire all’interno del Servizio sanitario nazionale.
Ma andiamo oltre: queste normative prevedono una tracciabilità dei gameti dal momento della loro raccolta fino al trasferimento in utero degli eventuali embrioni formati; non viene richiesto l’accertamento sistematico delle gravidanze, e dei nati. Inoltre, oggi ogni centro conserva i propri dati senza un codice unico nazionale, il che significa che se la stessa persona si rivolge a due centri diversi con la codifica attuale è contata due volte, come due persone diverse, il che non consentirebbe di distinguere i singoli donatori. La legge 40, dal canto suo, non prevede un registro dei donatori, ovviamente, ma solo dei nati, che però non vengono registrati uno a uno, tutt’altro: il Garante della Privacy ha stabilito che i singoli centri Pma possano trasmettere i loro dati solo in forma aggregata, cioè comunicano al Registro nazionale il numero complessivo dei nati dalle coppie che hanno seguito. Per avere questo dato i centri solitamente contattano ogni coppia di cui avevano accertato l’inizio della gravidanza, per conoscerne gli esiti. Non tutte le donne infatti partoriscono nello stesso luogo in cui hanno affrontato il percorso Pma. Si tratta quindi di dati comunicati personalmente, non certificati, senza alcun obbligo da parte delle coppie, e con tutta la buona volontà dei centri e del Registro ogni anno si perdono gli esiti di più del 10% delle gravidanze accertate.Ricapitolando: niente registro dei donatori, parziale registro dei nati secondo la 40. Percorso donatore-coppia che non garantisce la notifica sistematica di gravidanza e nato, secondo i decreti legislativi suddetti. Allo stato attuale, quindi, come è possibile, prescindendo da ogni giudizio di valore e considerando solo le questioni squisitamente sanitarie, garantire un percorso di donazione eterologa sicuro in tutti i suoi passaggi? Tralascio i problemi delle modalità di accesso ad alcune informazioni, come quelle sui possibili consanguinei, della possibilità di donare gameti fra sorelle, fra fratelli, fra padri e figli, fra madri e figlie, di come il nato da eterologa possa venire a conoscenza delle modalità in cui è stato concepito, la gestione delle biobanche dei gameti, la possibilità di scegliere i donatori... Potremmo continuare a lungo.Da chi ha salutato con favore la caduta del divieto di eterologa, parlando di vittoria dei diritti individuali, e dopo il drammatico caso dello scambio di embrioni del Pertini di Roma, ci aspetteremmo una maggiore attenzione almeno nei confronti delle garanzie per la sicurezza dei cittadini.