Vita

INTERVISTA. Roccella: «Questa legge sulle Dat scioglie ogni dubbio»

Francesco Ognibene martedì 1 marzo 2011
L’arrivo in aula è previsto per lunedì prossimo, ma attorno al disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) Montecitorio sta ragionando da quasi due anni. Malgrado un simile lavorìo, in questi giorni affiorano dubbi e interrogativi. Che il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella s’impegna a chiarire.C’è chi si chiede – con un certo ritardo, per la verità – se una legge fosse proprio necessaria. Cosa risponde?«Con le norme oggi in vigore non si è riusciti a impedire che Eluana fosse condotta alla morte per disidratazione e denutrizione. Questo è accaduto nonostante il tenace impegno di governo e maggioranza: dopo la sentenza della Corte di Cassazione, i tentativi messi in campo per salvare la vita della Englaro sono tutti falliti. È stato sollevato un conflitto di competenze con la magistratura, ma la Corte Costituzionale non l’ha accolto invitando a legiferare. Abbiamo invocato la Convenzione sui Diritti dei Disabili, che vieta di sospendere alimentazione e idratazione ai disabili: inutilmente. Il ministro del Welfare Sacconi ha emanato un atto di indirizzo, ma l’esecuzione della sentenza è stata solamente rimandata. Non è bastato neppure che un Consiglio dei ministri firmasse un decreto all’unanimità. Eluana è morta mentre il Senato discuteva d’urgenza un ddl composto da un unico articolo che impediva la sospensione di idratazione e alimentazione alle persone in stato vegetativo».Adesso ci troviamo davanti a una legge assai articolata. Non era meglio riproporre quell’unico articolo?«Ormai neppure quello basterebbe a fermare il tentativo di alcuni magistrati di arrivare all’eutanasia per via giudiziaria. Con la sentenza Englaro si è creato un precedente secondo il quale non serve il consenso informato ma basta aver espresso la propria volontà in qualunque forma, o anche desumerla ex post dagli "stili di vita". È a questo scopo che si sono creati i registri comunali per raccogliere testamenti biologici improvvisati. Il ddl Calabrò già approvato dal Senato invece sancisce per la prima volta la necessità per qualunque trattamento di un consenso informato, secondo il principio liberale che per deliberare bisogna conoscere. Se non si regola la materia in Parlamento, ci saranno decine di nuovi casi giudiziari e si arriverà a una normativa costruita per sentenza, come è accaduto in altri Paesi (come l’Olanda) con le leggi sull’eutanasia».Altra obiezione ricorrente: a che serve fare le Dat se poi la legge non le rende vincolanti per il medico?«Il medico non è mai obbligato a pratiche contro "scienza e coscienza". Se si introducesse questo criterio si violerebbe la sua libertà: non è un mero esecutore, ma deve sempre poter fornire la sua valutazione professionale in piena autonomia. Come il paziente è libero di rifiutare un trattamento che non desidera, il medico può sempre rifiutarsi di praticare una terapia che ritiene inappropriata. Ricordiamo che il medico che decida di non applicare le Dat deve riportare le motivazioni nella cartella clinica: nessun medico si esporrà a contenziosi giudiziari senza ottime ragioni. Una vincolatività stretta costringerebbe il medico a eseguire richieste che – fatte in anticipo e in modo generico – potrebbero non corrispondere alla condizione clinica del malato. Crescerebbe così il rischio di atteggiamenti difensivi che potrebbero danneggiare il paziente, come nel caso di nuove terapie o di eventualità non previste nelle Dat».Si sente dire che trattandosi di un "testamento biologico" la volontà dev’essere rispettata alla lettera: altrimenti che "testamento" è...«In realtà anche nel testamento in Italia la volontà della persona è soggetta a limiti. Esistono quote legittime dell’eredità che non sono nella piena disponibilità del soggetto (per i figli e il coniuge), inoltre a nessuno verrebbe in mente di applicare a un bene materiale – per esempio un immobile – la ricostruzione della volontà sulla base degli stili di vita, com’è accaduto nel caso Englaro. Per trasmettere un bene, anche di scarso valore, serve una certificazione scritta della volontà. Non a caso la legge non parla di testamento biologico, ma di "consenso informato e dichiarazione anticipata di trattamento": si parla infatti di persone e non di cose, la garanzia per la vita umana è diversa da quella applicabile a un oggetto».Se sono cosciente posso rifiutare la nutrizione assistita: perché la legge dice che non posso inserirla nelle Dat? «Il ddl serve ad applicare l’articolo 32 della Costituzione, offrendo la possibilità di rifiutare specifiche terapie anche anticipatamente nel caso non si sia più in grado di esprimere la mia volontà. Idratazione e alimentazione non sono terapie ma sostegno vitale e gesti di assistenza. Qual è la patologia che viene curata con alimentazione e idratazione? Se si sospende una terapia, il malato muore a causa della sua patologia. Ma se si interrompe la nutrizione si muore di fame e di sete. Anche altre forme di sostegno vitale richiedono il consenso della persona se cosciente, e non lo richiedono più se non lo è: dall’igiene personale alla mobilizzazione nel letto. Finché sono cosciente posso compiere autonomamente gesti che portano alla morte, come non mangiare, ma se non sono più cosciente e se il rifiuto di alimentazione e idratazione è inserito nelle Dat finisco con il delegare ad altri la decisione sul lasciarmi morire, magari affidandola al Servizio sanitario nazionale: siamo ai confini dell’eutanasia passiva e del suicidio assistito, vietati dalla nostra legge». La legge 40 sulla fecondazione artificiale è stata messa sotto attacco con ricorsi e sentenze. Non accadrà lo stesso con le Dat?«Negli ultimi anni c’è stato un intervento sempre più invasivo e improprio da parte di alcuni magistrati, ma se il Parlamento o il governo considerassero questa ipotesi l’attività legislativa sarebbe paralizzata. Il compito del legislatore è emanare leggi che rispondano alla richiesta dei cittadini e al bene comune. Quando una legge è saggia, "smontarla" per via giudiziaria non è facile: la legge 40 ha resistito a un attacco insistente di alcuni tribunali, ma alla fine la Corte costituzionale è intervenuta in misura marginale, confermandone l’impianto. Una legge è un punto fermo che blocca le iniziative "fai da te" e costringe tutti a confrontarsi con una normativa definita e un’impostazione precisa».