Pontificia Accademia Vita. «Ru486, le nuove linee guida confinano l'aborto nel privato»
Un giudizio critico sull’estensione di una tecnica che isola la donna. Il richiamo all’attuazione della parte inapplicata della 194, quella che invoca ogni possibile sforzo per prevenire gli aborti. L’appello per ritrovare un terreno condiviso nel sostegno alla vita nascente e concepita. Sono i punti salienti della «Nota a proposito dell’annuncio di nuove linee guida sull’aborto farmacologico in Italia» diffusa ieri dalla Pontificia Accademia per la Vita.
Chi mette mano a nuove modalità per abortire deve farlo nel rispetto della legge vigente: proprio «il richiamo alla 194 e al pieno rispetto di quanto in essa previsto può aiutare a chiarire il senso e i possibili rischi di quanto è avvenuto». Oggi più che mai «è importante sottolineare ancora una volta come a restare ampiamente disattesa sia rimasta la parte della legge 194 intorno alla quale poteva e potrebbe ancora essere cercata e alimentata un'idea di civiltà condivisa. Parliamo dell'impegno a dare davvero alla donna (e alla coppia) tutto il sostegno possibile per prevenire l'aborto, superando quelle condizioni di disagio, anche economico, che possono rendere l'interruzione della gravidanza un evento più subìto che scelto». Anche «il declino di una efficace azione dei consultori familiari» contribuisce a «far gravare in modo sempre più pesante sulle spalle della (sola) donna l'onere di un gesto che lascia profonde tracce nella sua biografia».
Di qui scaturisce il giudizio negativo sulle linee guida diffuse il 13 agosto dal ministro della Salute Roberto Speranza. Le due novità rispetto alle regole del 2010 – la somministrazione in day hospital e l’estensione del limite di utilizzo dalla settima alla nona settimana di gestazione – vanno «nella direzione di un più forte confinamento nella sfera privata di un gesto di grande rilevanza emotiva, sociale e morale. È invece fondamentale garantire un'elaborazione più ampia e completa delle intense reazioni emotive scatenate dalla gravidanza, soprattutto al suo inizio». «Consentire che l'aborto possa avvenire tra le mura domestiche – prosegue la nota – significa allontanarlo ulteriormente, con tutti i problemi dei quali questa decisione si carica, dalla trama delle relazioni sociali e dalla sfera della responsabilità comune, che la legge 194 chiama invece direttamente in causa». La Pontificia Accademia invoca infine un «progetto condiviso: accompagnamento e sostegno alla vita nascente e concepita e alle famiglie restano il banco di prova per una società attenta e sensibile che sappia costruire con sapienza e lungimiranza il proprio futuro».