Polonia e aborto, punto a capo. Il Parlamento di Varsavia ha infatti respinto in aula la proposta di legge d’iniziativa popolare che restringeva i criteri per l’accesso fissati nel 1993 dalla norma vigente (pericolo per la salute della madre, gravi malformazioni del feto, violenza e incesto). L’esito del voto che ha fermato l’iter del progetto sostenuto dalla piattaforma popolare «Stop Aborcji» e iniziato in luglio è inequivocabile – 352 contrari, 58 favorevoli, 18 astenuti – ma piuttosto sorprendente. Il premier conservatore Beata Szydlo aveva infatti appoggiato l’iniziativa giunta all’esame del Parlamento sulle ali di mezzo milione di firme, ma al dunque ha tirato il freno: «Abbiamo il massimo rispetto per i firmatari della proposta – ha dichiarato ieri la leader del partito Pis-Diritto e giustizia – ma osservando la situazione sociale constatiamo che la proposta condurrebbe a un processo il cui effetto sarebbe contrario agli obiettivi».
Il riferimento in chiaro è alle manifestazioni promosse lunedì in molte città del Paese da associazioni femministe e dalle opposizioni arrivate sui media occidentali con la forte immagine delle "donne in nero", contrarie alla nuova legge al punto di vestirsi a lutto e indire uno sciopero al femminile. A pesare però potrebbe anche essere la minaccia incombente sul governo di Varsavia di un possibile intervento di censura da parte dell’Unione europea per una legge che nelle intenzioni dei proponenti limitava i casi in cui è possibile abortire al solo pericolo di vita della madre. La presidenza del Consiglio europeo nelle mani del polacco Donald Tusk e le ambizioni del premier di portare la Polonia al centro della politica europea potrebbero aver influito sull’esito del voto. Pur potendo contare sulla maggioranza assoluta dei seggi (232 su 460) il partito della Szydlo sinora aveva preferito una strategia "morbida" anche perché l’incoraggiamento a smussare alcuni spigoli della legge (come l’ipotesi del carcere per le donne che abortiscono, peraltro affidata alla discrezionalità dei tribunali) era giunto persino dai vescovi polacchi. Per ammortizzare la delusione di chi appoggiava la nuova legge la premier ha promesso «entro fine anno un programma di sostegno alle famiglie e alle donne che decidono di accudire bambini nati da gravidanze difficili o disabili» e «una grande campagna d’informazione per promuovere la difesa della vita».