Policlinico Gemelli. Distrofia di Duchenne, una “molletta” nel cuore allunga la vita
Roberto. A destra, la professoressa Pane
La distrofia muscolare di Duchenne, malattia caratterizzata da atrofia e debolezza muscolare a progressione rapida con degenerazione dei muscoli scheletrici, lisci e cardiaci, colpisce prevalentemente gli uomini, con un’incidenza stimata in uno su 3.300 nati maschi.
Fra loro anche il 23enne Roberto, che studia chitarra al Conservatorio di Matera e vive a Bernalda, dove si è impegnato per realizzare “Il sogno del capitano”, primo lido inclusivo, accessibile e sostenibile del Metapontino. Proprio Roberto è stato sottoposto presso il Policlinico romano Agostino Gemelli a un intervento per ridurre il grado di insufficienza mitralica grave con una procedura mininvasiva endovascolare (MitraClip), il primo effettuato nel mondo occidentale su un paziente con distrofia muscolare di Duchenne: l’unico precedente è stato effettuato a Tokio lo scorso anno. A Roberto è stata inserita una sorta di “molletta” sulla valvola mitralica che può migliorare la sua qualità di vita.
Il paziente viene seguito da 7-8 anni: «La sua è una malattia importante, a prognosi purtroppo infausta, perché a oggi la distrofia di Duchenne non ha una cura e l’età media di sopravvivenza è di 27 anni. Ma nell’arco delle due ultime decadi siamo riusciti a regalare a questi ragazzi in media più di 10 anni di vita, e di buona qualità. Roberto negli ultimi tempi aveva avuto una serie di riacutizzazioni di scompenso cardiaco gravi e ripetute», riferisce la professoressa Marika Pane, direttore clinico dell’Uoc Nemo pediatrico di Fondazione Policlinico Gemelli e docente associato di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma. Con la dottoressa Priscilla Lamendola, cardiologa ecocardiografista presso la Uosd di Diagnostica cardiologica non invasiva, «abbiamo iniziato prima un trattamento con un farmaco anti-scompenso di uso pionieristico nei pazienti con Duchenne, e lui aveva risposto abbastanza bene». Ma la terapia si è rivelata sempre meno efficace nel tempo, «ed essendoci il problema alla valvola mitrale, la dottoressa Lamendola aveva suggerito questo intervento di correzione».
Il caso è stato analizzato con Carlo Trani, professore associato di Cardiologia dell’Università Cattolica di Roma, e direttore della Uoc Interventistica cardiologica e Diagnostica invasiva di Fondazione Policlinico Gemelli: «Il ragazzo è arrivato alla nostra attenzione dopo l’ennesimo episodio di scompenso acuto che lo aveva portato in Pronto soccorso. La sua diagnosi è di cardiomiopatia dilatativa: il suo cuore molto dilatato lo aveva portato a un’insufficienza mitralica severa. Abbiamo dunque deciso di correggere questo problema con una procedura endovascolare, perché il rischio dell’intervento chirurgico tradizionale era davvero troppo alto». L’intervento in anestesia generale «è durato due ore, e il controllo ecografico a un mese ha mostrato una riduzione importante della sua insufficienza mitralica, che è passata da severa a lieve-moderata».