Consiglio di Stato. «Pillola dei 5 giorni» libera per le ragazze. La sentenza e i dubbi
La "pillola dei cinque giorni dopo" potrà essere venduta in farmacia, senza ricetta, anche alle minorenni: lo ha definitivamente stabilito il Consiglio di Stato, in una sentenza depositata martedì. La vicenda giudiziaria era iniziata nell’ottobre del 2020, quando otto associazioni pro life avevano impugnato presso il Tar del Lazio la determina con cui l’Aifa – l’Agenzia italiana di farmacovigilanza – aveva riclassificato il farmaco EllaOne come medicinale da banco anche per le minorenni.
Intervenuta una decisione sfavorevole nel maggio dello scorso anno, i ricorrenti avevano devoluto la questione al massimo organo di giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato. Ma anche i giudici di Palazzo Spada hanno dato loro torto. Unico elemento a favore, il fatto che – pur soccombenti in giudizio – non hanno dovuto rimborsare le spese di causa all’Aifa e alla casa produttrice del farmaco (pure costituita in giudizio): ciò, ha scritto il Consiglio di Stato, alla luce della «novità delle questioni sottese all’appello». Come a dire: anche se la ragione non sta dalla vostra parte, avete agito in buona fede, permettendoci di chiarire una questione controversa.
Definiti sotto il profilo giuridico, gli interrogativi rimangono però aperti sul versante medico, educativo e sociale. Secondo le tesi dell’Aifa e della casa che produce la pillola (la francese Hra Pharma), fatte proprie dai giudici amministrativi, il farmaco avrebbe solo una funzione antiovulatoria e non abortiva. Ma nella comunità scientifica si sa che il farmaco è in grado di impedire l’annidamento nell’utero dell’ovulo già fecondato, situazione che coincide con un’interruzione di gravidanza, pur precocissima, essendo già avvenuto il concepimento di una nuova vita. In tal caso, le modalità di assunzione della pillola violerebbero le disposizioni della legge sull’aborto (la 194/78), sia per quanto riguarda la preparazione che l’esecuzione dell’atto. Vi sono poi altri problemi: per esempio, l’assunzione incontrollata del medicinale potrebbe violare il principio del consenso informato, previsto dalla legge 219/17 (le «Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento») per ogni atto medico.
Così, a cascata, sorge il problema del diritto alla salute, che a sua volta chiama in causa il principio di precauzione. Immaginiamo un uso smodato (proprio perché inconsapevole) della pillola: non sarebbe più tutelante per tutti prevenirlo, con il filtro della prescrizione di un medico?