Piemonte. La diocesi di Torino: «Suicidio assistito, la legge regionale? Propaganda».
Presidio dei radicali davanti al Consiglio regionale del Piemonte per chiedere la legge regionale sul suicidio assistito
Il fine vita non compete alla Regione. Una legge sarebbe fuori luogo”. L’arcidiocesi di Torino ribadisce con fermezza la sua posizione sull’ipotesi di una legge regionale sul suicidio assistito, e lo fa attraverso un severo editoriale sul giornale diocesano «La Voce e il Tempo» a firma del direttore Alberto Riccadonna. Nei giorni scorsi, l’associazione radicale Luca Coscioni era tornata a lanciare un appello ai consiglieri regionali per discutere la proposta di legge di iniziativa popolare presentata con 11mila firme quasi otto mesi fa. «Con quale serietà – scrive Riccadonna – si propone che le Regioni d’Italia decidano sulla soppressione della vita umana ciascuna per proprio conto, in ordine sparso, regolando diversamente la morte dei piemontesi rispetto a quella dei siciliani o degli abruzzesi?». Alla vigilia del possibile voto in Consiglio regionale, il direttore ricorda, al di là degli slogan, che «oggi in Italia non esiste alcun diritto al suicidio assistito». La Corte costituzionale si è limitata a stabilire che non venga penalmente punito il medico che collabora al suicidio di malati, tenuti in vita con sussidi artificiali, in condizioni di sofferenza estrema e pienamente lucidi nella propria decisione di morire. Non essendo però stato imposto ai medici alcun obbligo di collaborare al suicidio, non si può parlare di “diritto esigibile”: “»Solo entro questi paletti – sottolinea con forza Riccadonna – i giudici costituzionali hanno raccomandato che il Parlamento nazionale regolamenti la depenalizzazione».
Le elezioni regionali saranno a giugno. L'opposizione chiede la discussione della legge locale mentre all'interno della maggioranza di centrodestra si registrano posizioni diverse sul tema. E anche se il comitato promotore della legge regionale teme che il Consiglio si sciolga prima di averla votata «minando il diritto alla partecipazione popolare», c’è un fondamentale aspetto giuridico che viene puntualmente ignorato. A oggi non esiste ancora una normativa nazionale – la discussione al Senato inizia il 26 marzo – e le singole Regioni, pur avendo competenza nell'ambito sanitario, non hanno titolo per cercare scorciatoie e creare situazioni di disuguaglianza tra cittadini nelle diverse zone di Italia. «L’Avvocatura dello Stato – ricorda il direttore del giornale diocesano torinese – ha fatto sapere che impugnerebbe le leggi regionali per difetto di competenza. L’Ufficio legale della Regione Piemonte ha diffuso una circolare che mette in guardia dai provvedimenti incostituzionali». La conclusione di Riccadonna sono lapidaria: «Ce n’è abbastanza per fermare il treno e aspettare il Parlamento, l'istituzione indicata dalla democrazia. Ma prevale il ragionamento o la propaganda?».