Genova. La piccola Tafida esce dalla rianimazione del Gaslini. E respira da sola
In basso, da sinistra: la vicepresidente della Regione Liguria e assessore alla Sanità, Sonia Viale; il direttore generale dell'Istituto Gaslini, Paolo Petralia; la madre di Tafida, Shelin Begum. In piedi, da sinistra: il direttore sanitario Raffaele Spiazzi; il direttore del Centro di rianimazione neonata e pediatrica, Andrea Moscatelli; il direttore U.O.C. Medicina fisica e riabilitazione, Paolo Moretti; il direttore dell'Hospice, Luca Manfredini
Tafida ha bruciato le tappe. La bimba inglese di 5 anni che i medici del Royal London Hospital destinavano alla morte dichiarandola incurabile, ha lasciato la terapia intensiva dell’ospedale Gaslini di Genova, dov’era ricoverata dal 15 ottobre, ed è già passata al "Guscio dei bimbi", il reparto in cui si preparano i piccoli pazienti al ritorno a casa. Addirittura respira autonomamente per lunghi periodi di tempo. «È il regalo di Natale che ci siamo fatti», si commuove il personale del Gaslini, rivelando che la piccola è stata trasferita nel "Guscio" proprio il 24 dicembre e che «ha passato i giorni natalizi in questa nuova nascita», mentre i medici verificavano se poteva davvero lasciare la Rianimazione o se il tentativo era precoce. «Alla fine è andata bene quindi possiamo comunicarlo ai media. In neanche 70 giorni... Neanche noi avremmo immaginato tempi così rapidi».
La piccola Tafida prima della malattia - Dalla pagina Facebook di supporto
Queste le emozioni. Poi c’è il rigore della scienza: «Abbiamo mantenuto gli obiettivi posti quando eravamo andati a Londra per la consulenza di parte e avevamo dato il nostro parere ai giudici dell’Alta Corte», dichiara il direttore della terapia intensiva del Gaslini Andrea Moscatelli, che a ottobre era andato personalmente a Londra a prendere Tafida con un aereo ambulanza. Dopo un’estenuante battaglia legale tra i genitori e i giudici britannici, decisi a far morire la bambina, la Corte alla fine aveva autorizzato il trasporto a Genova, dove i medici del pediatrico hanno fatto né più né meno ciò che fanno con qualsiasi paziente nelle sue condizioni (il 9 febbraio 2019 Tafida era stata colpita da emorragia cerebrale): «Dopo due settimane abbiamo eseguito un intervento chirurgico che ha migliorato la sua idrocefalia – spiega Moscatelli – e questo ha avuto un impatto molto positivo sul controllo centrale del respiro. Poi abbiamo fatto la tracheotomia per rendere confortevole la respirazione e facilitare una autonomia dal ventilatore. Infine abbiamo messo la peg per darle il giusto apporto nutritivo».
Semplici operazioni, che certamente anche a Londra i medici avrebbero saputo fare, e che stanno dando i risultati sperati: «Attualmente riesce a respirare in modo autonomo per un periodo limitato», continua Moscatelli. Si va per tentativi, via via si migliorano i tempi, «per adesso ci limitiamo a lasciarla senza respiratore per un’ora, ma stiamo lavorando per autonomizzarla. Vedremo che potenzialità avrà da questo punto di vista».
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Nella prospettiva delle cure domiciliari, ovvero del ritorno a casa, è un traguardo importantissimo, così come la rimozione già avvenuta del catetere vescicale, perché «ormai Tafida è autonoma anche nel fare pipì».
La madre di Tafida con il direttore U.O.C. Medicina fisica e riabilitativa, Paolo Moretti, e il direttore del Centro di rianimazione neonatale e pediatrica, Andrea Moscatelli - Istituto Giannina Gaslini
Piccoli passi, ma giganteschi dal punto di vista clinico, che hanno permesso il trasferimento al "Guscio dei bimbi", un hospice molto particolare dal quale l’80% dei bambini alla fine arriva a casa. È nel "Guscio", infatti, che avviene la lenta fase di transizione in cui i genitori vengono addestrati a prendersi cura del bimbo una volta tornato in famiglia. Anche l’avvocato Shelina Begun, mamma di Tafida, vive nell’hospice con lei, imparando tutto ciò che c’è da sapere per il futuro, quando l’ospedale la affiancherà con l’assistenza domiciliare.
Si lavora sodo e in tanti, su Tafida. Tutti gli interventi riabilitativi sono già iniziati e Shelina, che nemmeno per un istante ha mai perso le sue certezze, conferma ancora una volta la sua gratutidine all’Italia: «Per noi è un giorno estremamente speciale – ha detto ieri –. L’opinione dei medici inglesi davanti all’Alta Corte si è dimostrata sbagliata e la prova è la stessa Tafida. Ringraziamo l’ottima squadra dei medici del Gaslini per essersi presi cura di lei e averle concesso il tempo». Il tempo. Quello che Shelina e suo marito Mohammed chiedevano disperatamente a Londra. «Date tempo alla nostra bambina», pregavano invano, mentre la morte per sentenza si avvicinava sempre più e a loro veniva vietato persino di provare in un ospedale straniero.
«Nessuna battaglia tra medici», commenta Moscatelli, «il caso era estremamente complesso, c’erano pareri diversi e alla fine l’Alta Corte ha ritenuto che la nostra prospettiva fosse la migliore».
LA VICENDA
È l’alba del 9 febbraio 2019 quando la piccola Tafida, che vive a Londra con i suoi genitori (cittadini britannici, ma di origini bengalesi), accusa un forte mal di testa e improvvisamente smette di respirare. Viene operata d’urgenza al Kings College Hospital per un’emorragia cerebrale. Il 25 aprile viene trasferita al Royal London Hospital in stato di minima coscienza. Qui i medici vogliono sospendere la ventilazione artificiale. Il caso a luglio arriva all’Alta Corte. I genitori, determinati a opporsi alla decisione dell’ospedale, chiedono al tribunale l’autorizzazione a trasferire la piccola all’ospedale Gaslini di Genova, che si è offerto di curarla. La sentenza del giudice Alistar MacDonald arriva il 3 ottobre, a venti giorni dall’udienza che ha concluso le sessioni di valutazione di documenti e testimonianze, ed è storica: Tafida può e deve continuare i trattamenti che la tengono in vita. L’ospedale rinuncia al ricorso. La piccola e la sua famiglia arrivano a Genova il 15 ottobre.