Parolin. «L’universalismo dei servizi sanitari, un valore che nasce dal Vangelo»
Un momento del convegno internazionale organizzato alla Lateranense dalla Cei sui servizi sanitari d'Europa
Ecco cos’ha detto il segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin al Convegno internazionale «Universalità e sostenibilità dei Servizi sanitari nazionali in Europa» organizzato dall’Ufficio Cei per la Pastorale della salute con le federazioni che rappresentano tutte le professioni sanitarie.
Le questioni che riguardano la salute umana – e il rapporto con la creazione e la natura – non possiedono mai il solo carattere di immanenza e immediatezza, come talvolta potrebbe apparire dalla richiesta di venire curati da un medico o da un sanitario. Il Vangelo tratteggia una prospettiva molto più profonda: alla domanda di guarigione, Gesù risponde con uno sguardo sull’intera persona, compresa la sua salvezza eterna. Anzi, è la stessa forza propositrice del Vangelo a consentire questa visione unitaria: Gesù dice ai suoi apostoli «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Come pure si rivolge al paralitico, un vero “lungodegente” che staziona presso la piscina di Betzatà (l’Evangelista Giovanni specifica «da trentotto anni», perché nessuno lo avvicinava alla cura, come si pensava accadesse nell’acqua agitata della piscina) e lo guarisce, dicendogli: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». Ma l’intervento taumaturgico non è sufficiente, infatti in un secondo momento Gesù al paralitico aggiunge: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio».
Il “peggio” non è l’aggravamento della malattia ma la mancanza dell’incontro con Dio. L’Evangelista infatti utilizza questo episodio per portare a scoprire il rapporto straordinario di Gesù con il Padre. La guarigione fisica, dunque, è solo un “segno” della necessità umana di una guarigione più profonda, una guarigione radicale, una guarigione spirituale. Cura umana e cura spirituale non sono contrapponibili o frazionabili, ma sono un tutt’uno, una sola realtà.
Il pilastro su cui poggia l’universalismo dei servizi sanitari in Italia, la ricerca di tutela della salute per tutti, è lo sguardo che, nascendo venti secoli fa dal Vangelo, si posa su ogni essere umano, e in esso vede un fratello, una sorella, senza bisogno di altre successive definizioni. Tutto ciò si realizza poi in modo specifico, dove ciascuno possiede le proprie competenze, professionalità, capacità operative, con anni di studio, tirocinio e pratica.
La domanda che questo convegno si pone, sui Servizi sanitari nazionali e la loro estensione, tocca la natura della persona umana: si curano tutte le persone nella loro interezza. In secondo luogo, a chi opera in campo sanitario si apre una potente prospettiva di lavoro e una grande responsabilità: lo sguardo si allarga al ruolo che come Europa siamo chiamati a svolgere oggi.
Non sono i difetti presenti nei comparti sanitari l’oggetto della vostra analisi; l’oggetto della vostra analisi è il bene, il bene costruibile, il bene realizzabile. Un bene che riguarda ciascuna singola persona in Europa, e al tempo stesso diventa modello di riferimento, grazie alla possibilità di ragionare nei termini di fattibilità sociale, da parte dei governi, delle amministrazioni nazionali, di realizzare sistemi sanitari efficaci e universalistici. Una diffusione della “cultura della cura”.
È una esperienza di diffusione di cultura che opera a tutti i livelli, anche quella maturata quindi grazie al grande operato delle missioni cristiane che costruiscono ospedali e scuole nei Paesi in via di sviluppo, con un lavoro encomiabile che da tutti è riconosciuto.
La grande sfida è mantenere fermo il caposaldo universalistico dei sistemi: non per il bene dei singoli oggi, che pure è fondamentale, neppure per i più abbienti, rischiando di moltiplicare una “cultura dello scarto” di chi non ha nulla per curarsi, ma come progetto di progresso per l’umanità che, al di là di ogni differenza culturale, riconosce nella persona umana il soggetto primario e irrinunciabile della società. Fin dal nascere di ogni essere umano.
È il “bene costruibile” sotto il profilo sanitario che diventa prima garanzia di una società giusta, equa nei confronti di tutti, irrinunciabilmente protesa alla crescita di uomini e donne liberi.
In questa prospettiva il cristianesimo produce una visione positiva, una “visione redenta”, sull’umanità tutta. È la logica dell’incarnazione di Cristo, vero Dio e vero uomo, una logica che soggiace alla ricerca del bene per tutta l’umanità e porta a non escludere nessuno.
La traduzione operativa poggia su due basi complementari: da una parte c’è la sostenibilità economica, perché è sempre necessario guardare alle risorse disponibili per usarle al meglio, organizzarle, valorizzare il lavoro di ogni persona perché diventi partecipe di una visione d’insieme nel mondo sanitario, assimilando il principio della responsabilità in ciò che opera, ma conoscendo la finalità e la visione del progetto in cui si è inseriti; dall’altra è necessario far risuonare le parole dell’incipit della “Gaudium et spes”: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Non solo queste sofferenze non ci sono estranee ma ci interpellano ad agire. In questa prospettiva di comprensione della realtà ringrazio gli illustri relatori di oggi, che possiedono le alte competenze per aiutare in questa analisi, e diventano essi stessi co-autori di quella lettura che la Chiesa mai smette di fare in dialogo con la cultura e i professionisti che la aiutano, mettendo al centro «l’uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l’uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà» (Gaudium et spes, n.3).
Il principio di realismo, una esigenza più volte sottolineata da papa Francesco, appartiene ai professionisti sanitari in modo specifico: l’anamnesi, le analisi cliniche e la diagnosi – quindi una aderenza totale alla realtà – sono propedeutiche tanto alla prognosi che alla terapia. A queste, proprio per quel principio di realismo, si aggiunge la prevenzione. E il realismo appartiene a ciascuno di voi, preso singolarmente come pure nelle équipe più complesse, quando si confronta con la realtà corporea e psichica del paziente.
Nel fare la fotografia dei sistemi sanitari in Europa avete scelto di compiere anche un percorso in tre date verso il Giubileo della Speranza: questo vostro convenire è già la seconda tappa del Pellegrinaggio della Speranza.
Anche questa è una luce che illumina l’Europa: la speranza è una virtù, modesta nella sua apparenza, che permette di camminare, di incontrare, di dialogare, di guardare alle cose terrene nella prospettiva più ampia delle cose eterne. La speranza è il motore della ricerca in sanità, come pure è la condizione per cui aumentano le possibilità di guarigione di chi viene curato.
La speranza di imparare cose nuove – non l’arrivismo – è il motore che aiuta ciascuna delle professioni sanitarie a progredire, secondo il fine proprio che è il bene dell’operatore e il bene della persona di cui vi prendete cura. E vorrei citare e ringraziare ciascuno degli Ordini e dei Consigli nazionali che esercita una delle professioni sanitarie, e che per brevità non mi è possibile esplicitare, anche se lo farei volentieri.
Uno sguardo si allarga poi ai Paesi europei, prendendo in considerazione le distinzioni geografiche che ci caratterizzano; grandi città e piccoli paesi, le zone montuose come le grandi pianure: la sanità europea si confronta con una variazione di condizioni geografiche e climatiche che chiamano a traduzioni operative molto concrete, calibrate, pianificate, soluzioni che richiedono un grande sforzo per garantirne la sostenibilità: che non è solo quella economica ma prima ancora è quella legata alla giustizia di ciò che viene utilizzato e distribuito.
La mappa dell’Europa chiede innanzitutto pace: la pace che nasce dal cuore di ciascun uomo che la vuole costruire. In questo senso la giustizia precede gli investimenti nei sistemi e servizi sanitari: il bene dell’uomo, la giustizia, la pace, si declinano in scelte concrete, in scelte di natalità, di prevenzione del diffondersi delle malattie, di tutela della vita umana, sempre.
L’intero mondo sanitario è chiamato a costruire e a esportare sistemi di cura accessibili a tutti, in cui le persone siano curate e si sentano curate, realizzando così quella centralità dell’uomo auspicata a tutti, ma ancora da realizzare in pienezza.
* Cardinale segretario di Stato vaticano