Vita

INTERVISTA. Dario Paladini: «Così si obbliga il ginecologo a sostenere il ricorso all’aborto»

Enrico Negrotti mercoledì 14 novembre 2012
«Non possiamo escludere forme di protesta più decise se la politica non prenderà in considerazione le pesanti conseguenze di questa sentenza. Che sono non solo di ordine etico, ma anche assistenziale, medico-legale e professionale». Il consiglio di presidenza della Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica e metodologie biofisiche (Sieog) ha preso una posizione di netta opposizione rispetto alla sentenza della Corte di Cassazione sul risarcimento per la nascita di una bambina con sindrome di Down, e sta raccogliendo firme per contestare le derive che tale decisione può comportare. E già più di 2.500 medici (ginecologi, genetisti e altri) hanno sottoscritto la lettera di protesta (www.sieog.it): «Possiamo dire - osserva il presidente della Sieog, Dario Paladini - che la risposta c’è stata. E vorremmo portare il problema all’attenzione del governo». Perché avete assunto questa iniziativa? Un caso analogo è avvenuto in Francia dieci anni fa e c’è stata una risposta dirompente: tutti gli ecografisti e gli esperti di diagnosi prenatale hanno "incrociato le braccia", finché il governo non è intervenuto a limitare la portata della decisione dei giudici. Infatti la sentenza può avere conseguenze enormi non solo dal punto di vista etico o medico-legale, ma anche nelle quotidiane attività di assistenza sanitaria. Quali le ripercussioni sulla attività assistenziale?Soprattutto il fatto che i premi per le assicurazioni di tipo medico-legale sono lievitati enormemente. Inoltre, ogni volta che un ad medico viene fatta una richiesta di risarcimento - indipendentemente dalla sentenza finale del tribunale - lo stesso subisce un danno economico considerevole, tra spese legali e ricerca di una nuova copertura assicurativa a premio maggiorato (per la denuncia subita). E ciò potrebbe comportare la rinuncia ad eseguire tale prestazione sanitaria (diagnosi prenatale). Altre difficoltà riguardano proprio la concreta applicazione della legge 194. Che cosa intende dire? Già oggi in molte strutture si fatica a trovare medici non obiettori che mettano  in pratica la legge 194. Ci sono comunque ginecologi che operano in modo coscienzioso, e in caso di rischio di malformazioni informano correttamente la paziente sulla diagnosi e sulle possibilità di intervento correttivo, lasciando a lei la scelta se proseguire la gravidanza. Ma applicando i principi di questa sentenza, nel lavoro del ginecologo diventerebbe obbligatorio accettare passivamente il ricorso all’interruzione di gravidanza, perché il figlio una volta nato potrebbe chiedere il risarcimento al medico e addirittura alla madre per non essere stato abortito. Questo è grottesco, oltre che immorale. L’opposizione alla sentenza ha anche un motivo etico? Certamente. Molti ginecologi - anche non obiettori - potrebbero non volerne più sapere di vedere snaturato il proprio compito. Se si devono dare indicazioni per spingere alla interruzione di gravidanza di ogni forma di disabilità, ci sono conseguenze dirompenti. Non solo si nega valore alle persone con disabilità, ma sembra di tornare a epoche tristi del recente passato che ritenevamo che fossero state superate.