Paglia. «No al suicidio assistito, ma serve una legge per fermare derive eutanasiche»
Il Papa riceve in udienza monsignor Vincenzo Paglia che gli consegna il "Piccolo lessico del fine-vita"
C’è chi sostiene che la Chiesa starebbe cambiando il suo orientamento sul fine vita, aprendo a forme di morte volontaria. È così?
Assolutamente no – risponde ad Avvenire monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita –. Il Piccolo Lessico del fine-vita (realizzato dalla Pav, pubblicato nel giugno 2014 dalla Libreria editrice vaticana e consegnato da Paglia al Papa durante un'udienza privata l'8 agosto, ndr) ribadisce la sua ferma opposizione a eutanasia e suicidio assistito, come del resto all’accanimento terapeutico. E ancor più all’abbandono terapeutico di cui nessuno parla e che è, a mio avviso, “il” problema concreto in questo campo. Quante gente malata grave è sola! E nessuno ne parla! Poi però, come accade spesso, ci sono le difficili situazioni concrete. E qui ci viene in aiuto la nostra umanità e un principio terapeutico. Siamo tutti mortali, è il destino comune. Sebbene la morte non significhi la fine, quanto piuttosto il passaggio verso la nostra destinazione definitiva: la Vita risorta. Il principio terapeutico dice che arriva un momento in cui i trattamenti medici non possono interrompere il decorso fatale. Soprattutto in queste circostanze diventa rilevante il criterio di proporzionalità – che viene accuratamente spiegato nel Lessico – che identifica la soglia dell’”accanimento terapeutico”. Lo affermava Pio XII già nel 1957 a proposito della ventilazione, pur utilizzando un’altra terminologia.
Cosa dice la Chiesa sul suicidio assistito?
La Chiesa è contraria. E, ovviamente, anch’io. Il fatto di stare in Italia la coinvolge nella vita del Paese, nelle vicende della sua storia concreta. E in questo caso, la Chiesa sa bene anche quanto la Corte Costituzionale nel 2019 ha proposto e rinviato al Parlamento Italiano. Spetta al Parlamento decidere. E, a mio avviso, è bene che senta questa responsabilità e decida: lasciare il Paese senza una legge è a mio avviso gravissimo. E apre a una situazione senza regole che porta verso una deriva eutanasica. Con questo Piccolo lessico vogliamo aiutare a decidere in maniera sapiente. Consapevoli che compito della Chiesa è la formazione delle coscienze.
Come andrebbe fatta una legge sul suicidio assistito?
In Parlamento ci sono oggi ben cinque proposte di legge che vogliono rispondere a quello che la Corte Costituzionale chiede dal 2019: una legge sul fine vita che regoli la materia e impedisca, come avviene oggi, di doversi rivolgere ai tribunali. Quanto al merito, su temi così sensibili, è necessario un dibattito ampio e informato, che coinvolga tutti i settori della società. Come ho appena detto, il nostro Lessico vuole essere un contributo per avviare una corretta informazione per arrivare al “bene possibile”.
Nel “Piccolo lessico” lei parla della necessità di trovare «soluzioni condivise» e di «individuare un punto di mediazione accettabile». Ma fino a che punto ci si può spingere?
Strumenti ci sono. Hanno a che fare con una visione della medicina che si fa carico di tutta la persona, non solo di un organo o di una funzione malata. Si parla di pianificazione condivisa delle cure e di altri temi importanti come il rapporto tra medico e paziente e il consenso informato. La mediazione accettabile riguarda la ricerca del “bene maggiore” delle persone in quella situazione ed in quel contesto in cui si trovano a vivere. Non è semplice. Ma è possibile, perché le leggi possono sempre e comunque venire migliorate, seguendo i progressi della scienza e della nostra consapevolezza. È un lavoro continuo, faticoso, ma l’unico degno di una società civile.
Si susseguono i casi drammatici e mediatizzati di persone che chiedono di poter morire per far cessare le loro sofferenze. C’è una linea di confine dell’autodeterminazione?
Non dobbiamo cedere alla tentazione individualista di dire che sulla vita ognuno decide per conto proprio. Non si nasce soli. E non si muore soli. Certo una “cultura dello scarto” di stampo individualista vorrebbe convincerci che se siamo vecchi o inutili è meglio toglierci di mezzo. Ma non è così. La vita è mia, nella misura in cui sono in relazione con gli altri. È il messaggio di fondo del Lessico: la vita è relazione, la cura è relazione. La persona isolata, autosufficiente, non esiste.