Vita

Medicina. Ora organi e tessuti si stampano in 3D

Elena Molinari giovedì 23 giugno 2022

La bioingegneria rigenerativa sta facendo passi da gigante negli Stati Uniti grazie alla stampa 3D, tanto da far sperare in un’abbondante disponibilità di tessuti e organi nel giro di un decennio. La svolta è stata segnata all’inizio di giugno, quando si è appreso del successo del trapianto di un orecchio stampato in 3D e realizzato con cellule staminali umane in una 20enne affetta da microtia, un raro difetto alla nascita in cui l’orecchio esterno è deformato.

L’intervento, portato a termine a San Antonio, in Texas, ha utilizzato la tecnologia della 3DBio Therapeutics, un’azienda di medicina rigenerativa che sta conducendo la prima sperimentazione clinica di questo genere, con 11 pazienti. È infatti la prima volta che un impianto stampato in 3D e realizzato con tessuto vivente viene utilizzato per sostituire una parte del corpo. «Fino a questo punto ci sono stati numerosi tessuti ingegnerizzati e impiantati nei pazienti. Ma sono stati creati a mano, uno alla volta – spiega Anthony Atala, direttore del Wake Forest Institute for Regenerative Medicine, che nel 1999 ha impiantato con successo la prima vescica al mondo cresciuta in laboratorio –. Ma questo è diverso. La stampante offre più precisione e affidabilità. Permette inoltre di produrre più organi in modo automatizzato. Così facendo, riduce notevolmente i costi».

Il costo medio di un trapianto di rene nel 2020 era di 442.500 dollari, mentre le stampanti 3D sono vendute a poche migliaia di dollari, alle quali va aggiunto il mantenimento di banche cellulari per i pazienti, la coltura di cellule e la manipolazione di materiali biologici.

La procedura contro la microtia è infatti solo uno dei recenti progressi nella bioingegneria di tessuti umani e potrebbe aprire la strada alla stampa in 3D di interi organi. Sempre all’inizio di giugno l’azienda United Therapeutics ha prodotto una struttura polmonare umana stampata in 3D che potrebbe essere 'ricoperta' con le cellule staminali di un paziente per creare polmoni che non richiederebbero l’immunosoppressione per impedire al corpo di rigettare l’organo. L’azienda lo ha definito «l’oggetto stampato in 3D più complesso del mondo» e prevede di lanciare studi clinici sull’uomo nei prossimi cinque anni, un obiettivo che Atala definisce realizzabile.

Il processo è lo stesso utilizzato per la produzione dell’orecchio umano. La tecnica di base resta infatti quella della stampa 3D convenzionale, in cui un modello computerizzato viene inserito in una stampante a tre dimensioni. Ma al posto di materiali come plastica, metallo o resina, la stampante è caricata con un materiale biocompatibile, o 'bio-ink', che viene utilizzato per costruire un’impalcatura che funge da scheletro per il tessuto o organo. L’impalcatura viene quindi 'seminata' con le cellule del paziente e coltivata in modo che le cellule possano moltiplicarsi. Le cellule del paziente vengono prelevate con una piccola biopsia, poi fatte crescere ed espandere al di fuori del corpo. Questa crescita avviene all’interno di un incubatore sterile o bioreattore, un recipiente pressurizzato in acciaio inossidabile che aiuta le cellule a rimanere alimentate con sostanze nutritive.

La tecnologia potrebbe rappresentare una soluzione salvavita per i 106.075 uomini, donne e bambini che si trovano nella lista d’attesa nazionale per i trapianti di organi negli Usa, per i quali non bastano i donatori viventi (che forniscono in media circa 6.000 organi l’anno) o i circa 8.000 donatori deceduti ogni anno. «E ci sono altri milioni di persone che non sono su una lista d’attesa perché non considerati abbastanza gravi ma che potrebbero trarre enormi vantaggi da un trapianto», aggiunge Atala. La forza trainante di questa innovazione è dunque il bisogno umano. Anche l’Università Carnegie Mellon, in collaborazione con l’azienda di medicina rigenerativa FluidForm, nel 2010 ha iniziato ad adattare le stampanti 3D alla biostampa. Attualmente FluidForm sta lavorando alla costruzione di parti funzionali del cuore umano per aiutare l’industria biofarmaceutica a sviluppare farmaci più efficaci per il trattamento di diversi tipi di insufficienza cardiaca e aritmie.

Intanto alla Stanford University, il team del ricercatore Mark Skylar-Scott sta utilizzando processi di biostampa 3D per produrre cuore e tessuto vascolare per curare i difetti cardiaci congeniti nei bambini. Infine Aspect Biosystems sta lavorando per creare tessuti che non prevedono di sostituire un intero organo ma ricreano all’interno di un organo danneggiato la funzione metabolica persa, come mantenere il glucosio a livelli appropriati nel pancreas, senza sostituirlo interamente. «Grazie a decenni di lavoro da parte di pionieri nel settore stiamo iniziando a vedere queste terapie entrare negli studi clinici, il che è molto emozionante – continua Atala –. Probabilmente ci vorranno almeno dieci anni prima di arrivare alle sperimentazioni umane di un intero organo. Ma c’è un vero entusiasmo nel settore».