Vita

Cei. Non solo cappellani: negli ospedali l'ora delle équipe di assistenza spirituale

Francesco Ognibene giovedì 21 novembre 2024

«La Chiesa italiana difende strenuamente il Sistema sanitario nazionale e il principio che lo sostiene». E proprio per questo chiede di guardare in faccia «i suoi problemi oggettivi», che mostrano «la necessità di un tagliando a 46 anni dalla riforma». È la convinzione di don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della salute, che al corso per nuovi cappellani ospedalieri ad Assisi, nei giorni del convegno su "Universalità e sostenibilità dei Servizi sanitari in Europa", organizzato dallo stesso Ufficio insieme alle rappresentanze di tutte le professioni sanitarie) ha ricordato i «fenomeni patologici» dei 4 milioni e mezzo di italiani che rinunciano a curarsi per ragioni economiche e i 40 miliardi di spesa “out of pocket” pagando di tasca propria per potersi curare. Più finanziamenti al Ssn? «Finché è un secchio bucato, come oggi, se si mettono altri soldi si rischia di disperderli. Prima occorre mettere ordine nella spesa, che vede ancora troppi sprechi in voci inutili o evitabili con atti amministrativi: ogni anno si potrebbero risparmiare così circa 20 miliardi».

Angelelli ha integrato le numerose lezioni di questi giorni – dal magistero alla spiritualità, dall’organizzazione sanitaria all’organizzazione delle istituzioni sanitarie cattoliche, dalla tutela dei vulnerabili al sistema dell’informazione – con dialoghi e riflessioni sul modello delle cappellanie ospedaliere e dell’assistenza religiosa e spirituale, una presenza che sta rapidamente cambiando sotto la spinta dei mutamenti nella società e nelle strutture sanitarie, tanto da suggerire un nuovo documento pastorale in fase di elaborazione. «Non è più pensabile che il sacerdote faccia tutto – ha spiegato il direttore dell’Ufficio Cei –. È il momento di équipe pastorali formate da tutte le figure oggi necessarie accanto al prete: il diacono permanente, gli assistenti spirituali laici, i ministri straordinari dell’Eucaristia, i volontari».

Un profilo che sta prendendo corpo in esperienze locali: è il caso dei laici, «capaci di ascolto e formati per l’accompagnamento spirituale dei malati, con le donne sempre più presenti e apprezzate in un compito che è di conoscenza dei pazienti e di “antenna” nell’ospedale per segnalare al cappellano le situazioni in cui è necessario un accompagnamento religioso e sacramentale». Uno schema che può funzionare anche con la domiciliazione crescente delle cure, chiamando in causa «un ruolo attivo della comunità cristiana che si prende cura dei malati del suo territorio attraverso una rete di ministri dell’Eucaristia». In questo modo la pastorale della salute e la cappellania «allargano la loro azione», non lasciando disperdere «il desiderio di relazione col divino che non è eradicabile e che dalla dimensione spirituale può prendere la forma di una domanda religiosa e dell’incontro con Cristo».