Vita

Mostra di Venezia. Lo spot patinato di Almodovar per l’eutanasia

Angela Calvini, da Venezia mercoledì 4 settembre 2024

Il regista spagnolo Pedro Almodovar sul "red carpet" della Mostra del Cinema di Venezia

«L’appoggio è molto importante sia come accompagnamento alla vita che come accompagnamento alla morte, devi essere padrone della tua esistenza. In Spagna abbiamo una legge che riguarda l’eutanasia, ma dovrebbe esistere in tutto il mondo e il medico dovrebbe aiutare il paziente». Pedro Almodovar, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, ha lanciato così il suo primo lungometraggio in inglese, The Room Next Door (in Italia uscirà il 5 dicembre col titolo La stanza accanto) dal romanzo What are you going through dell’americana Sigrid Nunez sul tema dell’eutanasia, protagoniste due talentuose star di Hollywood Tilda Swinton e Julianne Moore che già ipotecano un premio a Venezia per la loro obiettiva bravura.

Una pellicola osannata soprattutto da chi vuole farne una bandiera che aiuti a spingere l’opinione pubblica verso l’accettazione dell’eutanasia legale, al di là del suo effettivo valore artistico. Si tratta invece di un film tutto sommato abbastanza convenzionale, che non rende giustizia allo stile stravagante, colorato e sempre originale – anche quando non condivisibile nei temi – dell’Almodovar spagnolo che ha già affrontato il tema del coma in Parla con lei. The room next door invece odora di patinata operazione a tavolino per aprirsi il mercato nordamericano, quindi mondiale, accarezzando l’ideologia woke.

Nel fare il salto americano Almodovar infatti appiattisce il proprio colorato vitalismo in una estetica snob altoborghese dove, fra attici a Manhattan e splendide ville nei boschi, la scelta di darsi la morte appare quasi fiabesca.

Swinton è un’inviata di guerra affetta da un cancro terminale, mentre Juliane Moore è un’amica, scrittrice di successo, che accetta di accompagnarla nella sua decisione finale. Le due si trasferiranno in una splendida villa in affitto tra alberi e uccellini aspettando il giorno in cui, a sorpresa, la donna malata ingoierà una fantomatica “pillola della morte” trovata sul dark web. Tutto facile, tutto pulito, tutto indolore. Ma questa è la vita vera?

Commuovono la profonda sofferenza e l’amicizia, la solitudine della donna malata che non riesce a comunicare con la figlia, i dialoghi sul senso delle proprie vite, ma sul tema della morte non c’è contraddittorio, i dubbi sono blandi e l’unico contraltare è un odioso poliziotto definito “fondamentalista religioso” pronto a incriminare l’amica compiacente. Per Almodovar è la storia di «una donna agonizzante in un mondo agonizzante». E forse è proprio così in una società che promuove il diritto alla morte, piuttosto che quello alla vita.