Coronavirus. "Stress violento da quarantena": minori vulnerabili, sos dei giudici
L'epidemia di coronavirus aumenta i problemi per i bambini vulnerabili
I giudici minorili hanno già coniato un neologismo che fotografa bene la situazione vissuta all’interno di tante famiglie in questi mesi di emergenza sanitaria: stress violento da quarantena obbligata. Sono le situazione ad alto rischio che si determinano quando, in un quadro spesso già compromesso, le persone sono costrette a cambiare le proprie abitudini, a condividere spazi spesso insufficienti, ad accettare dinamiche che anche prima dell’emergenza sanitaria erano sopportate a fatica. Facile intuire che, in questa situazione, violenze, maltrattamenti, episodi di grave intolleranza siano esplosi, anche se è impossibile stilare una statistica. Le due fonti più significative da cui arrivavano queste segnalazioni, la scuola e il servizi sanitari, sono state entrambe spente dal coronavirus, anche se per motivi diversi. Sono rimasti, a regime ridotto e con capacità di intervento variabile da regione a regione, i servizi sociali. Mentre per gli episodi molti gravi, quelli per cui era davvero impossibile non intervenire, sono serviti gli interventi delle forze dell’ordine. Eppure, anche in questa circostanza, i tribunali per i minorenni, bene o male, hanno retto. Anche se carenze strutturali e mancanza di risorse, più volte segnalate anche prima dell’emergenza sanitaria, hanno continuato a pesare in modo evidente su un sistema a cui servono riforme intelligenti per un cambio di rotta destinato a ripristinare quell’alleanza virtuosa tra giustizia, servizi e famiglie in difficoltà incrinata in passato da troppi casi negativi. Lo spiegano tre magistrati impegnati in prima linea per la tutela dei minori: Ciro Cascone, responsabile della procura dei minorenni di Milano, Maria Francesca Pricoco, presidente dell’associazione dei magistrati minorili e responsabile del Tribunale dei minorenni di Catania, e Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei minorenni di Bologna.
Quali difficoltà per la giustizia minorile a causa delle limitazioni imposte dall'emergenza sanitaria?
Ciro Cascone: Scontiamo anni di mancati investimenti e tecnologie arretrate, il processo telematico, che già funziona egregiamente nel civile, non è ancora arrivato nella giustizia minorile. Abbiamo sistemi obsoleti. Questo ci lascia impantanati tra i faldoni. E quindi, avendo limitato l’accesso agli uffici, tutto è stato rallentato.
Maria Francesca Pricoco: L’emergenza sanitaria ha certamente provocato una rimodulazione della funzione di giustizia minorile . Alcune procedure, per l’urgenza devono però essere trattate (minori per esigenze di protezione allontanati dalla famiglia , minori stranieri soli e quelli tutelati nei procedimenti per abbandono ovvero che si trovino in situazione di grave pregiudizio ) nonostante le difficoltà obiettive registrare in alcuni tribunali, come locali inadeguati e la difficoltà di conciliare il divieto di assembramenti per le ragioni di sicurezza sanitaria sia al fine della trattazione delle udienze che per le camere di consiglio causa . Anche i servizi sociali hanno rallentato fortemente e, in alcune situazioni, sono stati costretti a sospendere le attività.
Giuseppe Spadaro: Dal mio osservatorio la preoccupazione più grande è rivolta ai minori che vivono, nell’attuale situazione, una condizione di accresciuta vulnerabilità se non di vero e proprio trauma, come quelli in famiglie con genitori violenti o maltrattanti ed esposti al rischio di violenza diretta o assistita, per i quali erano stati aperti procedimenti di sostegno e monitoraggio per evitare, ove possibile, l’affidamento provvisorio ad altra famiglia. Così come per quelli che, invece, vivono attualmente fuori dalla famiglia di origine e sono temporaneamente collocati in comunità o accolti da famiglie affidatarie nell’ambito di provvedimenti civili e, non ultimi, i minori inseriti nel circuito penale che, nella situazione emergenziale, hanno dovuto sospendere percorsi di istruzione e formazione, interrompendo importanti rapporti educativi con il mondo esterno.
Si sono verificati casi di maltrattamenti in famiglia o altre situazioni gravi su cui la giustizia non è stata posta nelle condizioni di intervenire?
Cascone - Le segnalazioni sono nettamente diminuite. Tante arrivavano dalle scuole, chiuse ormai da quasi due mesi, e dai servizi sanitari, impegnati in gran parte per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Anche da parte dei servizi sociali c’è stata una flessione. Certo, le situazioni pesanti, quelle segnalate dalle forze dell’ordine, emergono comunque. Alcuni interventi in base all’art.403 siamo stati comunque costretti a farli. Un ragazzo per esempio che ha aggredito in modo molto serio il fratello e il padre perché gli impedivano di uscire per incontrare la fidanzata. Oppure alcuni episodi pesanti di maltrattamento, violenza sulle donne a cui hanno assistito i minori (la cosiddetta violenza assistita), oppure situazioni di grave incuria.
Pricoco- Quando i servizi sociali oppure le forze dell’ordine sono riusciti a fare le segnalazioni, i tribunali si sono attivati e hanno avviato e trattato i procedimenti per l’immediata tutela dei minori . Il problema si verifica quando né servizi né forze dell’ordine riescono ad individuare le situazioni di grave pregiudizio. Allora anche per noi è molto difficile attivare tutte le procedure indispensabili per mettere in protezione bambini e ragazzi, assicurando loro tutte le garanzie di protezione, cura e di tipo educativo, che rimane il nostro obiettivo primario.
Spadaro: Pensando, in particolare, alle situazioni di urgenza e di grave pregiudizio dove si verificano condizioni di rischio conclamato e, nei casi più gravi, in presenza di circostanze che prefigurano ipotesi di reato quali maltrattamenti familiari, abusi, violenza assistita o gravi trascuratezze che possono comportare la necessità di un allontanamento temporaneo dalla famiglia di origine, mi associo all’allarme lanciato di recente dalla Presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, perché anche nel nostro territorio molte comunità educative e terapeutiche hanno difficoltà ad accogliere nuovi ospiti per il rischio di contagio o, in alcuni casi, per problemi sanitari e di sovraccarico lavorativo degli operatori presenti. Nell’ambito dell’applicazione delle indicazioni volte a limitare spostamenti e contatti fra le persone, devo aggiungere che si registrano difficoltà nel caso degli “incontri protetti” o più in generale dei possibili contatti tra i minori già accolti in affidamento familiare o in strutture residenziali e le loro famiglie di origine. Non sfugge la discrezionalità con la quale, pur tenendo conto sempre dei casi concreti, sono valutate le situazioni dove tali contatti sono da ritenere strettamente necessari e indifferibili ovvero, con non poche incertezze, è opportuno posticiparli a data successiva al termine dello stato di emergenza.
Tanti genitori si sono lamentati a causa della sospensione degli incontri protetti. Come avete risolto questi problemi?
Cascone - Fino al 20 marzo le strutture erano in difficoltà e abbiamo dato suggerimenti per tutelare gli ospiti ed evitare nuovi focolai di infezione. Sono stati limitati gli incontri, ma sono state date indicazioni per agevolare agli incontri virtuali in tutte le modalità. Una scelta che ha determinato un po’ di confusione e qualche protesta. Ma abbiamo fatto la scelta giusta. Cosa sarebbe successo se fosse esploso un focolaio in una comunità di minori? Anche nelle carceri minorili purtroppo hanno reagito male. Ma non c’erano alternative, pur nel massimo rispetto per questi genitori e per la loro sofferenza.
Pricoco: i tribunali per i minorenni sono rimasti attivi, pur in mezzo alle difficoltà. È evidente però che servano risorse maggiori e strumenti per interventi di sostegno anche di tipo psicologico e sanitario ( ci sono minori che non hanno potuto seguire trattamenti di psicoterapia, per il recupero del linguaggio e di accompagnamento educativo). Ci sono state segnalate difficoltà anche per i minori all’interno delle comunità, oltre a criticità per i minori in collocamento protetto nell’ambito di programmi per il recupero della genitorialità. L’autorizzazione concessa ad alcuni minori per rientrare nelle proprie abitazioni durante il fine settimana, ha determinato preoccupazioni e paure. Si è temuto per il contagio. In alcuni casi si è scelto , in ottemperanza alle normative d’urgenza , di non farli spostare, potenziando le attività educative all’interno delle strutture e le comunità hanno incrementato i contatti con i familiari attraverso i mezzi telemetrici. Tutte nuove difficoltà che i tribunali per i minorenni hanno dovuto gestire. Ma con le risorse e gli organici di sempre e la mancanza di strumenti e di formazione informatica per il personale .
Spadaro: Compatibilmente con le difficoltà organizzative preesistenti, anche dai servizi sociali competenti sono stati attivati, in tutti i casi dove ciò sia possibile, forme di contatto regolare telefonico o attraverso altri strumenti telematici, quali ad esempio video chiamate, offrendo la possibilità ai genitori di tenersi in contatto e di ricevere messaggi, con l’obiettivo di non interrompere contatti o relazioni in corso con bambini e famiglie esposte a condizioni di particolare vulnerabilità. Anche i nostri Uffici si sono da subito attrezzati per promuovere ed attivare collegamenti da remoto per lo svolgimento delle principali funzioni giurisdizionali, con particolare attenzione ai casi urgenti. Il nostro sistema della tutela minorile, già attraversato prima dell’emergenza sanitaria da gravi circostanze che ne hanno messo in luce limiti e disfunzioni, a maggior ragione in una fase di inevitabile palingenesi deve affrontare con lucidità e determinazione alcuni nodi strutturali come il rinnovato sostegno alle famiglie per prevenire la necessità di ricorrere agli allontanamenti, a partire dalla riforma delle relative norme esistenti compresa la disciplina dei procedimenti giudiziari in materia di responsabilità genitoriale, assicurando agli uffici giudiziari minorili e ai servizi sociali le risorse necessarie.