Il caso. Minori allontanati dalle famiglie un «business»? Ecco le storie e i numeri reali
A quanto ammonta il costo per sostenere un bambino in comunità? In Italia si fa ricorso eccessivo alla pratica di allontanamento dalla famiglia d'origine? Addirittura più che nel resto d'Europa? Quali sono i risultati dell'allontanamento? Sono alcune delle domande che hanno risposte precise: quelle date oggi in diverse città d'Italia dal manifesto stilato da una rete di associazioni (Agevolando, Cismai - Coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia), Cnca -Coord. nazionale comunità di accoglienza, Cncm - Coord. comunità per minori, Progetto Famiglia e Sos Villaggi dei Bambini). Un'iniziativa generata dall'interesse crescente dei mezzi d'informazione per il mondo delle comunità di accoglienza, e per il presunto business legato alle rette. Le trasmissioni tv sul tema (un servizio delle Iene e l'ultima puntata di Presa diretta), non hanno «aiutato i cittadini a comprendere la questione dei minorenni allontanati dalla propria famiglia» e anzi hanno prodotto «allarme sociale, alimentando ancor più le paure di chi ha bisogno di aiuto, ma teme i servizi sociali». Parola di Liviana Marelli, del Cnca, organizzazione che da oltre trent’anni promuove comunità, servizi di sostegno alle famiglie fragili e reti di famiglie affidatarie. «È stato molto importante aver posto all’attenzione dell’opinione pubblica la questione di una necessaria politica in favore delle famiglie, quasi inesistente nel nostro paese - ha detto a proposito della trasmissione di Riccardo Iacona - ma la colpa è stata fatta ricadere sul sistema che si prende cura dei minorenni allontanati: giudici minorili, assistenti sociali, comunità.” L'autore di Presa diretta non si è sottratto al dibattito: «Abbiamo raccontato le criticità del sistema» ha detto Iacona: quei motivi, cioè, per cui la gente «teme i servizi sociali», come i tempi lunghi della giustizia, il conflitto d'interessi tra giudici onorari e mondo delle comunità, l'ambiguità sulle cause di allontanamento. Tutte argomentazioni che sono dibattute all'interno delle stesse comunità: proprio il Cnca, come molti altri soggetti che promuovono comunità e reti per l’affido, «denuncia da anni la totale assenza, nel dibattito politico nazionale e nelle priorità della politica, del tema delle famiglie e dei minorenni - spiega Liviana Marelli -. Così come abbiamo proposto in ogni sede politica e tecnica la definizione di criteri stringenti per accreditare le comunità per minori (precisi standard qualitativi e numero massimo di ospiti fissato a 10), controlli rigorosi, periodici e a sorpresa, un forte rafforzamento dell’affido dove questo è penalizzato dalle istituzioni locali». Oggi a Milano, Torino, Bologna, Napoli, Bari e Palermo (dopo le tappe di Roma presso il Parlamento e Trento, e prima di concludere il tour a Firenze a marzo) le associazioni hanno rilanciato i numeri e l'analisi dei dati disponibili, e soprattutto dato voce ai ragazzi che sono stati in comunità, ai genitori e agli operatori. «Ho imparato a fidarmi degli adulti - ha raccontato D., una ragazza di 23 anni ormai uscita dalla comunità che, dice, con gli educatori e la psicologa, «ha avuto per me il ruolo che avrebbero dovuto avere i miei genitori. Ricordo la prima notte in comunità e la sensazione al risveglio di non aver mai dormito prima in vita mia un sonno così sereno...». Dietro di lei scorrevano le immagini dei momenti di svago che le comunità riescono a garantire, compatibilmente con i loro bilanci. Questo è uno dei punti caldi della questione. Oggi i bambini allontanati sono 28.449, di cui 14.255 in comunità e 14.194 in affido familiare. Dati ufficiali del Ministero (2012) dicono che in Italia vengono allontanati molti meno bambini di altri Paesi europei: 2,8 per mille (contro i 9 per mille della Francia, gli 8 della Germania, i 6 del Regno Unito, i 4 della Spagna). Un numero complessivo pressoché stabile dal 2007 a oggi. Per i minorenni provenienti dalla propria famiglia d'origine, l'evento che si presenta con maggiore probabilità (34%) è il rientro nella famiglia stessa. «In questa fase storica le comunità stanno vivendo un momento di particolare difficoltà dovuto alla drastica riduzione delle risorse», ha spiegato Luisella Mattiace (Cismai): a fronte di una spesa media di gestione di circa 150 euro giornalieri per ospite, le rette erogate vanno dai 118 delle Regioni Veneto ed Emilia Romagna ai 70 euro della Città di Roma. «Se oggi il costo annuo dei minori in comunità è di 520 milioni - prosegue Luisella Mattiace - con una retta adeguata costerebbero 785 milioni. Stiamo risparmiando 265 milioni, ma con quali ricadute sul medio lungo periodo?Da qui, ecco alcune delle richieste alle istituzioni, proposte a nome dei promotori da Paolo Tartaglione, (Cnca Lombardia). Al Parlamento: un ministero per l'infanzia e la famiglia e la tutela del tribunale per i minorenni. Al governo: l'adeguamento del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, rendendolo strutturale, il monitoraggio dei dati sul maltrattamento, e la definizione di linee guida nazionali per tipologie di servizi, standard di qualità e modalità di controllo. Alle Regioni: prevenzione delle fragilità genitoriali, rinforzo dell'affido, tavoli di concertazione su politiche minorili e famiglie, interventi per i care leavers (giovani che hanno vissuto o stanno per terminare esperienze in casa famiglia) E infine al mondo dell'informazione: ça va sans dire, «visibilità e responsabilità». #5buoneragioni è l'ashtagh twitter che sintetizza le ragioni di chi protegge i bambini.