Giustizia. Minori allontanati da casa: perse le tracce di 9 su 10
Una famiglia a Milano
Tra il gennaio 2018 e il giugno 2019 sono stati allontanati dalle famiglie 12.338 minori (23 ogni giorno) per ordine dell’autorità giudiziaria. Nello stesso periodo 1.540 bambini e ragazzi (12 per cento), tra quelli allontanati, hanno fatto rientro a casa, mentre del restante 88% (quasi 9 su 10) «non è dato sapere con certezza la destinazione». L’ammissione sconcertante si trova nel report realizzato dal ministero della Giustizia condotto all’indomani del caso Bibbiano e riportato nella relazione introduttiva della proposta di legge delega sull’affido presentata alla Camera da Stefania Ascari (M5S) e Laura Boldrini (Pd), presidente dell’intergruppo donne e parità. La legge dovrebbe rimettere ordine in un settore sempre più discusso e in cui, evidentemente, gli interventi sono di assoluta urgenza, se è vero che neppure il ministero della Giustizia, che si avvale dei dati raccolti presso le procure minorili, riesce a seguire le tracce dei bambini allontanati per ordine dei tribunali.
Da qui la nuova proposta di legge delega che modificando la norma del 1983, intende «porre un argine alle devianze emerse tragicamente alla luce in questi ultimi mesi». Tra i punti più importanti la modifica dell’articolo 403 del codice civile che oggi permette di allontanare con urgenza un minore dalla famiglia d’origine di fronte a situazioni definite "gravemente pregiudizievoli", cioè maltrattamenti e violenze palesi, gravi rischi per la salute fisica e mentale, casi di abbandono. Con la nuova legge delega questi provvedimenti dovranno essere convalidati dall’autorità giudiziaria «in un breve arco temporale» (oggi passano settimane, anche mesi) e, soprattutto, non potrà essere revocata la responsabilità genitoriale se non dopo aver verificato un’ampia serie di circostanze senza nessun margine discrezionale.
Quando però le circostanze suggeriscono la necessità urgente di proteggere un minore - per esempio un abuso evidente - sarà il genitore abusante ad essere allontanato, oppure il bambino sarà affidato in via prioritario ai familiari con cui abbia rapporti significativi. In caso di allontanamento di un intero nucleo familiare sarà vietato separare i fratelli e il provvedimento di affidamento non potrà durare oltre sei mesi, se non dopo un procedimento di riesame. Indicazioni più stringenti anche per l’ascolto del minore da parte del giudice: sarà obbligatorio. Come anche la registrazione audiovisiva. In assenza di questa modalità le dichiarazioni rese non avranno alcun valore.
In riferimento a quell’incredibile 88% di minori di cui le autorità ignorano la residenza attuale, si introduce una novità rilevante. Va chiarito innanzi tutto che non si tratta di piccoli spariti nel nulla. La maggior parte di loro si trova ancora presso le circa 3.300 strutture di accoglienza sparse da Nord a Sud. Molti, spesso, cambiano destinazione, da una comunità a una casa-famiglia e poi magari a una struttura terapeutica. Una percentuale rilevante è finita in affido familiare. Ma visto che, per quanto se ne parli da più di vent’anni, non esiste una banca data nazionale, neppure le procure minorili riescono a seguirne i percorsi. Ecco perché nella legge delega si prevede l’istituzione di una banca dati. Il problema "minori scomparsi" non è purtroppo l’unica anomalia segnalata nella relazione introduttiva di ieri.
Attingendo alle indagini realizzate dalla Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, è stato spiegato che nella stragrande maggioranza dei casi gli allontanamenti sono motivati «in base a giudizi sulla personalità o sul carattere dei genitori o dei parenti, anziché all’accertamento di comportamenti pregiudizievoli». Sorprendente anche il fatto che questi giudizi sommari diventino poi elementi definitivi senza ulteriori approfondimenti per decidere la sorte di un minorenne. Se è giusto intervenire per garantire la tutela di bambini e ragazzi da pericoli di maltrattamento fisico e psicologico, occorre ricordare che «la stragrande maggioranza dei casi» di allontanamento è determinata «da valutazioni di rischio condotte sulla base di indicatori presuntivi non riconosciuti sul piano scientifico e, ancora più frequentemente, da ragioni di disagio della famiglia non riconosciuti sul piano scientifico», o più semplicemente da ragioni di indigenza economica. Motivi considerati giustamente intollerabili.
Ma quanti sono i casi sospetti di allontanamento, oltre alla vicenda di Bibbiano che è tuttora all’esame del Tribunale di Reggio Emilia (il prossimo 28 gennaio si terrà la terza udienza preliminare)? Difficile dirlo. Secondo le associazioni dei genitori e dei legali che le rappresentano alcune decine. Tra i casi più controversi quello dei quattro fratelli di Cuneo, allontanati dalla famiglia e inviati in quattro comunità diverse per spezzare "il legame patologico" che esisterebbe tra loro. La vicenda è arrivato alla Camera, proprio nella stessa conferenza in cui è stata presentata la bozza di riforma della legge sull’affido. L’avvocato Domenico Morace che difende i fratelli e la madre, è stato invitato a presentare il caso come "emblematico" dei troppi allontanamenti considerati inopportuni. I fratellini hanno più volte dichiarato, e non smettono di scriverlo sui social, di voler tornare a vivere con la mamma. Perché il tribunale non li ascolta? Morace ha parlato di comportamenti incomprensibili da parte dei magistrati e i deputati presenti hanno sollecitato l’intervento del ministero della Giustizia.
Il caso - almeno secondo la ricostruzione del legale - è di estrema evidenza. Quando scoppia la bufera, nel settembre 2018, i due coniugi sono separati in modo consensuale da oltre un anno. Per i quattro figli - all’epoca 14, 12, 10 e 4 anni - il tribunale ha deciso l’affido congiunto con collocazione presso la madre nella casa coniugale. Il marito versa regolarmente l’assegno deciso dal giudice. E i figli, con altrettanto regolarità vedono il padre a cui sono molto legati. Non ci sarebbero quindi, almeno all’apparenza, motivi di conflitto. Ma durante le vacanze la figlia di 12 anni, rispondendo a una domanda del convivente della madre, rivela di aver subito molestie. La donna chiama l’uomo e gli fa sottoscrivere una dichiarazione in cui ammette le sue colpe. Tutto chiaro? No, secondo i legali del marito - che ieri non erano presenti - la dichiarazione sarebbe stata estorta dall’ex moglie con minacce riguardanti i figli. Ma può bastare questa minaccia per far ammettere a un padre il più odioso dei crimini? Sarà il giudice penale ad accertarlo. A fine gennaio ci dovrebbe essere l’udienza preliminare del processo. Mentre i giudici minorili sono invitati a rivedere la scelta di collocare i fratelli in tre comunità diverse (la minore è in affido familiare).
Sul caso è in corso ora nuova perizia psicologica-psichiatrica, considerata inopportuna dai legali: «Le loro parole sono già state considerate credibili dagli esperti. Hanno confermato quanto raccontato dalla sorella. Non avevano alcun motivo di essere allontanati dalla madre», ha insistito Morace. Versione contestata dai legali del padre. Secondo il tribunale dei minorenni tra i ragazzi e la donna esisterebbe un legame a rischio. Un’ipotesi sufficiente per smembrare una famiglia già così duramente provata dal dissidio dei genitori?