Milano. Il Tribunale annulla la trascrizione dell’atto di nascita estero con "due papà"
Il Tribunale di Milano ha annullato la trascrizione dell'atto di nascita del figlio di un uomo legato a un partner dello stesso sesso (il «genitore intenzionale»). Il bambino era nato all'estero da madre surrogata. La decisione è stata assunta perché la trascrizione da parte del Comune di Milano era «avvenuta in violazione della normativa vigente che, vietando il ricorso alla maternità surrogata, vieta altresì la trascrizione dell’atto di nascita nella parte in cui riporta quale genitore anche quello d’intenzione», «affermando che il diritto del minore al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore d’intenzione» nel «progetto volto alla sua crescita, educazione e istruzione potrà essere riconosciuto con il procedimento dell’adozione in casi particolari».
L’argomento è identico a quello utilizzato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, il giorno precedente, rigettando il ricorso di alcune coppie omosessuali italiane che contestavano il rifiuto delle autorità italiane di trascrivere nei registri dell’anagrafe certificati di nascita esteri di bambini concepiti con maternità surrogata nei quali si riconosceva una duplice genitorialità, evidentemente impossibile nella realtà. La Corte di Strasburgo aveva ricordato ai ricorrenti che l’Italia è nel suo pieno diritto nel non consentire una simile procedura sottolineando che comunque gli interessati possono seguire la procedura dell’adozione in caso speciali prevista dalla legge 184 del 1983.
Quanto a tre casi di figli di donne con le rispettive partner dello stesso sesso che chiedono di poter essere riconosciute come madri al pari di quelle che hanno partorito il figlio, il Tribunale di Milano ha poi stabilito che per chiedere l’annullamento della trascrizione dei riconoscimenti dei bambini nati all’estero in questo caso con procreazione assistita eterologa (vietata in Italia dalla legge 40 a coppie dello stesso sesso) serve un altro «procedimento» di «rimozione dello stato di figlio». La decisione del Tribunale civile si riferisce alla richiesta della Procura di Milano di annullare le registrazioni all’anagrafe del Comune dei figli di quattro coppie omogenitoriali sulla base della sentenza della Cassazione dello scorso dicembre. Nella sentenza la Suprema Corte aveva rimandato ogni decisione sui bambini in coppie dello stesso sesso, per la loro massima tutela, alla valutazione del giudice di merito in vista della loro adozione, escludendo ogni automatismo nella registrazione di “due papà” o “due mamme”, come già sancito dalla Corte Costituzionale con una propria sentenza nel 2021.
La sentenza milanese cade in un periodo nel quale il tema della genitorialità di coppie dello stesso sesso è al centro del dibattito politico e mediatico, anche per l’incrociarsi del confronto alla Camera sulla legge che estenderebbe all’estero la punibilità del reato di surrogazione di maternità già perseguito in Italia e dei vari Pride in diverse città italiane, alla vigilia proprio di quello, sempre affollato e politicamente significativo, di Milano, manifestazioni che nelle piattaforme rivendicano l’accesso alla “gestazione per altri”, con il supporto della segretaria Pd Edy Schlein. Sensibile alle pressioni della parte del movimento Lgbt che anima il corteo di Milano, il sindaco Giuseppe Sala – pur non partecipando oggi in piazza, come invece aveva fatto in altre edizioni – ha diffuso una nota nella quale annuncia che «l’Amministrazione comunale valuterà con attenzione la possibilità di intervenire nel giudizio che, con ogni probabilità, si instaurerà nuovamente dinanzi al Tribunale di Milano» nei tre casi delle coppie di donne, sui quali, dopo la sentenza interlocutoria di ieri, il pubblico ministero riprenderà l’iniziativa per una «azione finalizzata a rimuovere il riconoscimento effettuato dalla madre “intenzionale”». La partita è aperta, ma le regole sono quelle già scritte.