Vita

L'intervista. I medici sono ancora "maestri di umanità"?

Enrico Negrotti giovedì 3 ottobre 2024

Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei Medici cattolici (Amci)

«Far parte dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) ha sempre significato, e spero che significherà nel futuro essere volti di amicizia nel Vangelo, difendendo i temi della vita, sostenendo le solitudini, le povertà, gli anziani, i malati cronici, lavorando tantissimo per una umanizzazione della medicina e lottando contro le diseguaglianze ». Dopo tre mandati, il presidente Filippo Maria Boscia si appresta a lasciare l’incarico al termine del XXVIII Congresso nazionale dell’Amci, che si apre oggi ad Ascoli Piceno. Il titolo “Maestri di umanità: i medici di fronte alle sfide contemporanee” lascia intuire l’ampiezza degli argomenti che saranno affrontati: le violazioni dei diritti umani, il rapporto medico-paziente, l’organizzazione sanitaria in Italia, la medicina ipertecnologica, le esperienze dell’associazionismo. Tutti ambiti in cui il medico dell’Amci può offrire uno sguardo originale e ispirato ai valori cristiani: «L’Amci si propone come aggregazione laicale ecclesiale – puntualizza Boscia –, non un sindacato. È una forma di testimonianza professionale quanto mai necessaria in questo momento in cui la semantica della sanità è cambiata».

Che bilancio può fare dei suoi 12 anni di presidenza dell’Amci?

La mia esperienza in Amci viene da lontano: entrai cinquant’anni fa, giovane medico, in coincidenza con il 30° anniversario della fondazione, quando era assistente ecclesiastico il cardinale Fiorenzo Angelini. Sono stato a lungo consigliere nazionale, poi vicepresidente per il Sud, poi vicario per un quadriennio e infine presidente dal 2013. Ora è tempo di cedere il passo, ma a garantire la continuità con il nuovo presidente resta il nostro assistente, il cardinale Edoardo Menichelli, che mi ha dato un sostegno prezioso. L’Amci mi ha aiutato moltissimo nella mia professione, in questo lungo periodo di grandi cambiamenti sociali, che hanno investito anche la sanità. Da ginecologo ho assistito a una incredibile trasformazione sia delle abitudini sessuali sia delle mutazioni tecnologiche: siamo passati da un nascere che era radicato nella naturalità della procreazione a un ampio catalogo di tecniche che rendono possibile l’impossibile. Si è passati da una procreazione umana a una riproduzione, come se fosse una fotocopia, e oggi si parla di produzione dell’umano, un mutamento pauroso e preoccupante.

Il congresso affronta tanti argomenti: con quale approccio?

L’Amci, che ha portato sempre nel suo Dna la tutela della vita, ha costantemente riflettuto sui grandi temi del rapporto tra fede e cultura, tra cristianesimo e modernità. Abbiamo affrontato grandi cambiamenti, non tutti positivi. Abbiamo avuto la legge 833 del 1978, che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, ma abbiamo assistito ai problemi causati alla società dalla legge sul divorzio e da quella sull’aborto. Abbiamo affrontato la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, la legge 38 del 2010 sulle cure palliative o la legge 219 sul consenso informato, che ha stabilito che la relazione è spazio di cura: noi di Amci lo sapevamo già. Teniamo presenti le disuguaglianze e le discriminazioni, per combatterle. Abbiamo sempre alzato la voce contro la guerra. Ci siamo occupati di accogliere i bambini di Chernobyl e, in tempi più recenti, i tanti minori non accompagnati in transito tra mondi in guerra, lavorando per un Mediterraneo di pace. Il respingimento non è nel nostro Dna: ci siamo spesi per l’esistenza di ogni persona, riflettendo sull’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Amci ha sostenuto la missionarietà non solo in patria: pilotati dal cardinale Angelini, siamo intervenuti soprattutto nella diocesi di Butembo Beni (Congo), ma anche in diverse nazioni africane, costruendo ospedali, scuole, pozzi e acquedotti.

Quali mutamenti del mondo della sanità vi hanno più coinvolti?

L’aspetto che più ci inquieta è il cambiamento della semantica. Un tempo si parlava di arte medica, di magico incontro tra la fiducia del paziente e la coscienza del medico. Oggi la politica ci fa parlare di incontro con un cittadino, l'organizzazione è diventata azienda sanitaria: facilmente si va verso il cliente, e il medico come prestatore d’opera: “operatore sanitario”. L’ospedale (“ospitale” luogo che accoglie di tradizione cristiana) diventa “stabilimento di cura”. Non possiamo nascondere i rischi dell’eccessiva tecnologia: apprezziamo il progresso che può liberare il medico da una parte del suo lavoro burocratico-amministrativo e lasciargli più tempo per la relazione con il malato. Così come apprezziamo le innovazioni, a patto di non credere di poter sovvertire l’umano: l’abbiamo già visto con la procreazione medicalmente assistita, a cui qualcuno chiede la perfezione, cioè il bambino su ordinazione. Nel futuro la tecnica rischia di promettere la salute a ogni costo, laddove la medicina può dare la cura, o il prendersi cura.

La professione del medico è sempre stata delicata, ma perché oggi sembra messa ancora più in discussione?

Si assiste troppo spesso ad aggressioni al medico, alla rivendicazione di diritti mai bilanciati da doveri. Siamo arrivati a situazioni di tale esaltazione delle scelte personali per le quali al medico si chiede solo di essere ubbidiente... Ma più volte – e noi dell’Amci lo sappiamo bene – è stata messa in discussione anche l’obiezione di coscienza all’aborto. Noi crediamo che si debba mantenere (o recuperare) l’impegno morale nell’attività del medico. Oggi si parla di eutanasia e suicidio assistito: nella recente audizione in Senato ho chiesto di non introdurre, dopo l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), anche l’Ivs, interruzione volontaria della sofferenza. Oppure pensiamo di cancellare la sofferenza nel mondo togliendo di mezzo i sofferenti? Da “maestri di umanità” non dobbiamo perseguire solo l'eccellenza delle prestazioni professionali ma essere più vicini al paziente.

In definitiva, che Amci lascia il presidente Boscia?

Ho voluto irrobustire la struttura dell’Amci attraverso la regionalizzazione e la diocesanità. Ci basiamo solo sulle nostre forze, non abbiamo finanziamenti da case farmaceutiche: sarebbe utile che confluissero nell’Amci tutte le numerose realtà di gruppi di impegno ecclesiale in sanità, per uno slancio unitario che renda più efficace la nostra azione quando ci confrontiamo con il mondo politico. L’Amci si ispira al personalismo cristiano e vuole articolare fede, ragione, scienza in una alleanza globale per la vita e la pace del mondo. Con coraggio, anche se con fatica, dopo 80 anni questa è un'associazione ancora giovane, con il fascino e la validità di una insostituibile aggregazione laicale.